28/06/2017 di Redazione

Aziende del retail B2B: il “modello Amazon” è ancora lontano

Uno studio commissionato da Sap Hybris a Econsultancy mostra come l'esempio di operatori dell'e-commerce B2C, in testa Amazon, sia nella mente di molte aziende del B2B ma ancora poco applicato nella pratica. Diversi i problemi: Crm obsoleti, silos di dat

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Il “vecchio mondo”, fatto di report statici e di soli dati Crm, è ancora presente sebbene continui ad avanzare anche il “nuovo mondo” della customer experience omnicanale e personalizzata, arricchita dai dati e dalle interazioni social. Queste due forze opposte agiscono oggi nel campo del retail B2B, come fotografato da un'approfondita indagine commissionata da Sap Hybris a Econsultancy. Lo studio (“The Tension in B2B Customer Experience Management”) dimostra come molti operatori del retail stiano cercando di ricreare per i loro clienti business quella “Amazon experience” che ha fatto scuola in campo B2C e che significa possibilità di scelta, comodità di acquisto, affidabilità e precisione della consegna, supporto e facilità di dialogo con la piattaforma. Quasi tutti, ci racconta Sap, stanno cercando di imitare il colosso di Seattle ma in pochi oggi possono affermare di garantire una buona esperienza d'acquisto omnicanale.

Dalle interviste a 220 dirigenti senior di aziende B2B di vari settori si comprende che solo il 16% di queste realtà ha già ottenuto una customer experience in linea con i migliori esempi in campo consumer. Per la maggioranza degli intervistati, invece, multicanalità, personalizzazione, localizzazione e funzionalità di ricerca sul sito non sono ancora degli attributi sostanziali della propria offerta.

Un punto particolarmente problematico riguarda l'utilizzo dei dati. La maggioranza (55%) delle aziende trae informazioni dai sistemi Crm per migliorare l'esperienza cliente digitale, ma solo una su quattro considera anche la cronologia degli acquisti di una società cliente e ancora meno (34%) la cronologia acquisti del singolo. Un 40% di intervistati sta comunque cercando di modificare i propri comportamenti di raccolta e analisi dei dati, per esempio promuovendo lo scambio di informazioni fra dipartimenti aziendali. “Per realizzare un’esperienza di acquisto realmente personalizzata pari a quella dei brand B2C”, ha sottolineato Ivano Fossati, direttore del Center of Excellence Emea di Sap, “è essenziale che le informazioni vengano derivate da sistemi real time, come ad esempio l’attività attuale sul sito o i post sui social media. È questo che permette di effettuare un retargeting istantaneo sul cliente con merchandising, promozioni o altre azioni”.

 

 

Questo è un aspetto importante, un cambiamento che se attuato potrà migliorare di molto l'attuale scenario: oggi, infatti, la maggior parte dei retailer B2B non ha la visibilità completa sui profili dei clienti. Persistono, insomma, i famigerati silos fra un comparto e l'altro, fra marketing, vendite e logistica per esempio, oppure fra i dati di Crm e quelli più dettagliati sulle attività Web del cliente. La costruzione di una customer experience “ispirata” a quella di Amazon e dei migliori operatori B2C dovrà invece basarsi su un progetto strategico ampio, non limitato al singolo dipartimento.

Un altro ostacolo al cambiamento è rappresentato dalle tecnologia legacy impiegate in azienda, come per esempio sistemi Crm datati, incapaci di raccogliere dati da tutte le fonti disponibili o di aggiornarli in tempo reale. Alla domanda su quali siano i principali ostacoli sulla via, gli intervistati hanno citato innanzitutto (42%) le tecnologie legacy e a seguire la frammentazione di dati e soluzioni non integrate fra loro (39%), alcuni processi It (38%), la mancanza di tecnologie o risorse professionali adeguate (35%) e limiti del software di e-commerce (26%).

 

 

In generale nelle aziende si nota una tendenza alla sopravvalutazione delle proprie capacità: il 58% dei brand B2B crede di essere alla pari o addirittura in vantaggio rispetto ai marchi B2C, ma le loro azioni o la loro organizzazione interna dimostrano il contrario.

Basti pensare che meno della metà delle società coinvolte nello studio ha una strategia di customer experience estesa oltre i dodici mesi. In sintesi, si legge nello studio, questo sembra un settore composto da due realtà, una che guarda al passato e l'altra proiettata nel futuro”. Poco più della metà delle aziende è convinta che entro cinque anni l'esperienza digitale sarà la discriminante del successo, sarà ciò che definisce il marchio; per le altre, invece, è solo un pensiero secondario rispetto ad altre attività core business. E questa diversità di visione strategica, a detta di Sap, nel breve periodo separerà i vincitori dai vinti.

 

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