Mettete insieme il giro d’affari dei Pc, quello degli smartphone, dei tablet e dei wearable device, moltiplicatelo per due e otterrete, arrotondato per difetto, quello che fra cinque anni sarà il valore del mercato dei device legati all’Internet of Things. Mercato ancora definibile come emergente, fatto di apparati per la trasmissione e raccolta di dati destinati all’industria e al comparto energetico, ma anche di sensori per braccialetti fitness, smartwatch, occhiali di realtà aumentata e sistemi di domotica. La stima di cui sopra è opera della società di ricerca BI Intelligence, che in un suo report ha parlato appunto dell’Internet delle cose come del fenomeno che, entro il 2019, genererà il più grande mercato di dispositivi di massa della storia della tecnologia.

Le spedizioni di device raggiungeranno i 6,7 miliardi nel 2019, con un'accelerazione nel corso del 2015 e un tasso di crescita medio annuo del 61%.  Ma questo numero, benché imponente, è poca cosa se confrontato con il fenomeno più ampio dell’Internet of Things: le vendite di hardware “spicciolo” rappresenteranno solo l’8% (50 miliardi di dollari) del giro d’affari, lasciando la parte del leone ai produttori di software e di infrastrutture.

 


Accanto alla crescita dei wearable device e di altre tecnologie dall’orientamento consumer, saranno soprattutto le soluzioni destinate alle imprese a trainare il fenomeno, ma ancor di più quelle per i governi e gli enti pubblici. A detta di BI Intelligence, attualmente il settore enterprise acquista il 46% dei device necessari all’Internet of Things, ma tale quota si ridurrà con il crescere delle vendite rivolte al settore pubblico.

Il report evidenzia poi le ragioni del successo dell’IoT, prima fra tutte la sua capacità di generare maggiore efficienza (energetica, di gestione dei flussi delle informazioni, ecc.) e di tagliare i costi quando adottato all’interno di aziende, di città, di singole abitazioni. A bilanciare il quadro a rose e fiori c’è ancora qualche criticità, come l’assenza di standard e tecnologie comuni che facilitino l’interoperabilità e l’utilizzo delle soluzioni. Qualche standard, frutto del lavoro di consorzi di vendor, in realtà già esiste, ma siamo soltanto all’inizio di questo percorso.