25/07/2017 di Redazione

Burocrazia, il male italiano che rallenta le imprese

L'ultimo rapporto annuale della Banca Mondiale colloca l'Italia al cinquantesimo posto (su 190 Paesi considerati) nella classifica che considera quanto è facile avviare e portare avanti un'attività imprenditoriale. La proliferazione delle normative è uno

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Le imprese italiane, in particolare quelle del settore industriale, sanno essere innovative? Difficile rispondere a questa domanda in modo netto, senza accennare a una contraddizione tutta italiana: da un lato si continua a parlare di modernizzazione e innovazione dell'impresa (citando spesso e volentieri il paradigma di Industry 4.0), ma dall'altro il Paese continua a rimanere in larga misura ostaggio della burocrazia. Affinché si possano affermare reali opportunità di modernizzazione deve esistere un quadro normativo in grado di semplificare e accelerare il cambiamento. Che la burocrazia sia un ostacolo all'innovazione lo dimostrano anche i dati raccolti nell’ultimo rapporto annuale della Banca Mondiale, “Doing Business 2017”, in cui si analizzano le condizioni dell'imprenditoria (regolamenti inclusi) di 190 Paesi.

Lo studio ha considerato criteri come le condizioni per l’avvio del business, i requisti per i permessi di costruzione, la capacità di erogazione elettrica, la registrazione degli immobili, l’accesso al credito, la protezione degli investitori di minoranza, il carico fiscale, il trasferimento oltre frontiera, il rispetto dei contratti e la risoluzione delle insolvenze. Facendo una media dei diversi punteggi, alla voce “facilità del fare business”, l’Italia si colloca in cinquantesima posizione.

Un risultato che, se in linea generale può sembrare soddisfacente – 50 su 190, non male – , è inconciliabile con il ruolo che il nostro Paese dovrebbe assumere per poter competere in una dimensione G20. Un risultato, allo stesso tempo, inadatto per potere assicurare all'Italia una sostenibilità futura in uno scenario sempre più caratterizzato da una rivoluzione industriale, la quarta. La Germania si colloca in diciassettesima posizione, la Francia in ventesima, la Spagna in trentaduesima, mentre sul podio svettano nell'ordine Nuova Zelanda, Singapore e Danimarca.

 

 

Considerando non la media complessiva ma il criterio della facilità nell'avviare una nuova impresa, l'Italia scivola al 63esimo posto, distinguendosi per la complessità di leggi e normative che regolano la vita delle aziende. Si calcola, infatti, che nel nostro Paese siano necessarie 240 ore per pagare le imposte, il 47,2% in più della media Ocse di 163 ore. L’Italia risulta, poi, ultima in Europa in merito alla riscossione dei crediti, il che significa che la giustizia civile non funziona come dovrebbe. Esistono, come afferma più di un economista, troppe regole e per cambiarle si tende ad aggiungerne di nuove e quindi ad aumentare il carico burocatrico. Per vincere, per essere competitivi, per creare nuove opportunità di lavoro, la tecnologia non è di per sé sufficiente. Il successo dipende essenzialmente dal cambiamento organizzativo, che deve avvenire sia a livello d’impresa sia a livello nazionale.

 

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