Cloud Migration: cos’è, come si fa, perché farla e a chi rivolgersi
La Cloud Migration ha salvato molte aziende dal fermo totale dettato dall’emergenza sanitaria, consentendo ai fornitori ICT di garantire continuità di business ai propri clienti grazie all’accesso da remoto alle proprie applicazioni. Ma esistono più strade per arrivare al cloud, e la consulenza del canale nella scelta diventa fondamentale
Pubblicato il 19 febbraio 2021 da Loris Frezzato

La Cloud Migration, ossia quel processo che porta le aziende ad appoggiarsi, in vari gradi, al cloud computing, sembra essere ormai culturalmente sdoganato. Quel che non ha potuto in questi ultimi anni l’opera di convincimento da parte degli analisti, dei fornitori ICT, system integrator e vendor, l’ha ottenuto nel giro di pochi mesi l’emergenza sanitaria nella pandemia da Covid-19, per la quale il cloud è risultato, per molto versi, un vero e proprio antidoto contro il blocco completo delle attività.
Un caro prezzo, sotto troppi punti di vista. Ma è unanimemente riconosciuto, oltre che ad essere sotto gli occhi di tutti, che il ricorso al cloud computing ha fatto un balzo inatteso nel corso del 2020, cambiando abitudini personali ma, soprattutto, incidendo in maniera profonda nella gestione delle attività aziendali. Con il risultato di abbattere rapidamente barriere e resistenze culturali che sembravano impossibili da superare a breve.
Effetto Covid-19 o strategia? Il cloud computing cresce come mai prima
Se la Cloud Migration non è argomento nuovo per le aziende più strutturate, le quali già da tempo avevano considerato il cloud computing parte delle proprie strategie di innovazione e crescita, l’emergenza ha infine convinto anche le PMI, fino a poco tempo fa molto legate a una strategia di gestione on premise delle proprie infrastrutture, informazioni, applicativi.
Secondo i dati dell’Osservatorio Cloud Transformation del Politecnico di Milano, il cloud computing nel corso del 2020 ha generato in Italia un giro d’affari pari a 3,34 miliardi di euro, equivalente a una crescita del 21% rispetto all’anno precedente. Di questi, ben 2 miliardi derivano dal Public & Hybrid Cloud, segnando un incremento del 30% confrontato con i dati del 2019.
Cloud Migration: il risveglio delle PMI italiane
Se le grandi aziende ormai considerano il cloud computing come asset strategico per la gestione del proprio business, con un’adozione dei servizi di public & hybrid cloud che arriva al 90%, viene evidenziato come ora anche le PMI si siano sbloccate, con un ricorso al cloud pubblico o ibrido del 40%, mentre gli anni precedenti si fermava al 30%.
Risultato: le grandi aziende hanno aumentato la spesa cloud del 29%, mentre le PMI hanno finalmente iniziato un percorso virtuoso verso l’innovazione attraverso il cloud che ha visto un incremento di investimenti del 29% rispetto al 2019, decretando una netta propensione ad appoggiarsi a modelli di business più orientati all’as a service, fugando anche gli ultimi timori riguardo la sicurezza degli ambienti Cloud, che fino a qualche tempo fa consisteva in un freno, più culturale che altro, verso l'adozione del Cloud.
ISV e System Integrator: a chi rivolgersi per la Cloud Migration
La Cloud Migration delle applicazioni è tema da sviluppatori, ovviamente. Gli ISV (Independent Software Vendor) sono i primi della lista, certamente nella realizzazione di software nativo per gli ambienti cloud, ma sono anche i più abilitati nel rimettere mano alle proprie applicazioni sviluppate in epoca pre-cloud, sia ad “aggiustare” gli applicativi già residenti nelle aziende, secondo i metodi di Rehosting, Replatforming o Refactoring, che analizzeremo più in dettaglio succesivamente in questo articolo.
Nulla toglie che anche i System Integrator o comunque le realtà del canale a valore aggiunto, che hanno al proprio interno delle competenze di sviluppo software, possano aiutare i propri clienti in questa transizione delle applicazioni verso al cloud, grazie soprattutto al supporto che alcuni software vendor internazionali stanno offrendo alla propria rete di partner, predisponendo tool, tecnologie, architetture apposite per consentire la “traduzione in cloud” delle applicazioni, proprie o dei propri clienti.
La trasformazione Digitale abilitata dalla Cloud Migration
Al di là dell’aspetto della copertura emergenziale, facile da comprendere proprio perché in pieno lockdown da pandemia da Covid-19 ha permesso a tantissime aziende di accedere da remoto alle proprie risorse in termini di informazioni, dati, infrastruttura e applicativi, il ricorso al cloud computing porta con sé un nuovo punto di vista nei modelli strategici delle aziende e nella loro logica di gestione e fruizione degli asset aziendali.
Flessibilità, sicurezza e agilità sono, infatti, gli aspetti che la Cloud Migration abilita, aprendo di fatto la strada verso quella trasformazione digitale cui molte aziende oggi ambiscono. Poter ragionare in termini di servizio fruibile a consumo piuttosto che di investimenti permanenti alleggerisce di fatto la struttura fisica aziendale, svincolandola dagli ammortamenti e lasciando quella fluidità di cassa utile per potere affrontare nuovi progetti, per attività permanenti o temporanee, utili per far fronte alle nuove, mutevoli, esigenze e dettami dei mercati.
Da CapEx a OpEx: i passi della Cloud Migration che porta verso l’as-a-service
Ben prima che si parlasse di cloud computing, era già chiaro alle aziende il concetto di CapEx e di OpEx. Il fatto di passare dall’acquisto alla fruizione, dalla vendita all’erogazione di un bene, già predispone culturalmente a quello che col tempo è poi diventato l’as a service, ossia l’uso di un servizio senza possedere l’oggetto che lo genera, tipico delle architetture in cloud.
OpEx sta per Operating Expenditure e si intende, come si può intuire, la spesa operativa, ossia il costo dell’utilizzo di un bene, come può essere, dicevamo, il costo per poter fruire di un servizio, o il noleggio del bene stesso. Il vantaggio di un approccio di questo tipo è che i costi degli OpEx non vengono conteggiati nel costo capitale, dove invece vengono calcolati i CapEx (Capital Expenditure), che sono gli investimenti fatti per comprare i beni e come tali entreranno a cespite dell’azienda.
La flessibilità e l’agilità del Cloud a supporto dell’innovazione
Spostare il punto di vista degli investimenti da possesso a fruizione, porta a concepire una strategia e organizzazione del business aziendale su modelli diversi che in passato, dove l’infrastruttura IT funge da architettura dinamica e in grado di rispondere con flessibilità alle diverse richieste, in maniera agile e veloce e secondo quanto e quando realmente serve. Un’agilità in termini tecnologici e di spesa, che diventa fondamentale soprattutto per quelle aziende che stanno intraprendendo un percorso di trasformazione atto a supportare crescita, sperimentazione, nuovi progetti o periodi di emergenza.
IoT, AI, Data Analysis. Tecnologie avide di potenza ricorrono al Cloud
Un’agilità nell’utilizzo delle risorse infrastrutturali che è poi quanto viene richiesto dalle nuove interpretazioni dell’uso delle tecnologie, protagoniste di quella digital transformation che si appoggia a temi quali l’Internet of Things, l’Artificial Intelligence, la gestione e l’analisi dei Big Data, la Blockchain, il Machine Learning e così via. Tecnologie particolarmente avide di potenze computazionali e con necessità di processare in tempi brevissimi enormi quantità di dati e informazioni.
La democrazia della Cloud Migration. L’innovazione a portata (anche) delle PMI
Poter ricorrere ad architetture di Infrastructure as a Service, per avere server, storage e disponibilità di rete secondo il reale e attuale bisogno, fruire di Platform as a Service per lo sviluppo di applicativi in fase di testing o di fruire quotidianamente di applicazioni secondo l’utilizzo che se ne deve fare senza accollarsi spese da mettere a cespite di licenze e macchine, rappresenta una vera e propria forma di riscatto tecnologico da parte delle PMI. La formula dell’as a service consente, infatti, di avere accesso a tecnologie anche a quelle aziende che non hanno possibilità, economiche o di gestione che siano, per dotarsi di macchine e infrastrutture di ultima generazione o di potenza necessaria per l’uso che ne dovrebbero fare. T
ecnologie utilizzabili per l’innovazione della propria offerta o per un’ottimizzazione dei processi, utili per stare al passo con le richieste sempre più pressanti in termini di velocità di reazione e contenimento costi, dettate da un mercato sempre più globalizzato e agguerrito.
Su questi temi, tra l’altro, le PMI si stanno spesso dimostrando essere più attente, predisposte e pronte al cambiamento rispetto alle grandi realtà, complice anche la “povertà” di applicativi core on premise che invece può essere, come vedremo più avanti, un freno per la Cloud Migration nel caso delle aziende Enterprise, le quali nel tempo hanno accumulato al proprio interno applicazioni critiche, personalizzate e vincolanti, il cui trasferimento in cloud può rappresentare una spesa impegnativa.
IaaS, SaaS, PaaS. Breve glossario dell’as-a-service
Li abbiamo citati, e ci fa obbligo dare un minimo di descrizione a cosa, oggi, si intende per as-a-service, ossia le diverse opzioni di offerta che vengono rese disponibili come servizio di utilizzo di un bene in alternativa all’acquisto dello stesso.
- Infrastructure as a Service (IaaS) - Lo IaaS rappresenta una sorta di terziarizzazione evoluta di tutte le risorse ICT che fanno parte del Data Center di un’azienda. Un delega in outsourcing a terzi (il service provider) che prevede una traduzione digitale e fruibile come servizio di qualsiasi risorsa fisica precedentemente, o in alternativa, presente in azienda (risorse on-premise). Nell’Infrastructure as a Service vengono comprese le macchine server, i dispositivi di storage, gli apparati di rete e quelli relativi alla sicurezza. Una virtualizzazione dell’intero Data Center aziendale che viene, così, collocato su Cloud, e da lì fruibile in maniera dinamica secondo le esigenze del momento.
- Software as a Service (SaaS) – In sostituzione all’acquisto delle singole licenze di un software, il Software as a Service consente l’utilizzo delle funzionalità dell’applicativo prodotto da un Independent Software Vendor (ISV), da uno sviluppatore professionista o da un system integrator e distribuito attraverso Internet, in base all’effettivo bisogno. I produttori di softwae consentono quindi ai propri clienti di accedere al prodotto attraverso il Web e di pagare mediante canone periodico o con contratti a consumo, il reale utilizzo dell’applicazione.
- Platform as a Service (PaaS) – Il PaaS è una piattaforma di sviluppo fruibile attraverso il Cloud e quindi, come tale, come servizio a tempo o a consumo che sia. Viene fornita da un provider il quale la correda anche di tutti i linguaggi che servono alla programmazione e dei vari servizi accessori in modo da consentire agli sviluppatori di testare, programmare, gestire e implementare le diverse applicazioni utili alle aziende, senza l’obbligo del loro acquisto o degli investimenti in hardware che sarebbero stati necessari per uno sviluppo “on-premise”.
Non solo IaaS, PaaS e SaaS. Gli as-a-service si moltiplicano
Via via che la logica della fruizione a canone di servizi ha preso piede, si sono moltiplicate pure le offerte, andando a interessare diversi temi, dal deskop, alla sicurezza, a tutto, insomma.
- Desktop as a Service (DaaS) – Quando un fornitore ospita il back-end di una infrastruttura distribuita di desktop virtuali (Virtual Desktop Infrastructure o VDI) e la rende fruibile via cloud come servizio, si parla di Desktop as a Service, o DaaS. Questo servizio fa in modo che i sistemi opertivi desktop siano eseguiti all’interno di virtual machine residenti su server di un data center di un cloud provider. Chi offre DaaS trasmette tali VDI ai dispositivi endpoint dell’azienda cliente, consentendo al personale o agli utilizzatori in genere di accedere attraverso il Web oppure mediante un software client.
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Everything as a Service (XaaS) – lo dice il nome: un numero sempre maggiore di attività può essere distribuito in forma as-a-service. Dalle infrastrutture, i server, lo spazio storage, la potenza elaborativa, le applicazioni, l’uso dei desktop, la sicurezza, la banda di rete, non c’è più limite a quanto può essere convertito in forma di servizio.
Si tratta dell’Everything as a Service, dove la X può essere ormai sostituita dall’iniziale di qualsiasi nuova offerta di servizi accessibile attraverso il cloud computing. L’evoluzione massima, al momento, la sta sperimentando il mondo dell’IoT (Internet of Things), il quale sta via via integrando la logica di Servitizzazione (Servitization) agli estremi, consentendo la gestione e fruizione di un numero crescente di dispositivi, dai macchinari, agli impianti, agli oggetti in generale.
Private, Hybrid, Public e Multicloud. Diverse destinazioni per la Cloud Migration
Vale la pena ricordare che di cloud non ce n’è uno solo. La flessibilità tipica del Cloud viene infatti applicata anche al livello di “cloudizzazione” a cui si ambisce o conviene arrivare. Forme private, pubbliche, ibride o di concertazione tra più cloud, sono ormai rese possibili.
- Cloud Privato – Il Cloud Privato, o Private Cloud, si appoggia a infrastrutture che sono a uso e consumo unicamente dell’azienda cliente, la sola che può accedervi. Le infrastrutture private possono anche risiedere presso un Data Center esterno che ne garantisce sicurezza, aggiornamento e manutenzione costante delle macchine e ambiente adeguatamente climatizzato per l’ottimale funzionamento dei server. Attività costose. Infatti, fino a qualche tempo fa questa era la soluzione scelta prevalentemente dalle grandi aziende, uniche a poter sostenere costi che non erano distribuiti. Oggi anche le grandi realtà si stanno orientando verso altre forme di cloud.
- Cloud Pubblico – Il Public Cloud prevede che un provider si occupi della fornitura di tutta una serie di servizi, fruibili dai clienti sotto varie forme contrattuali (canone o consumo), preoccupandosi in toto dell’infrastruttura su cui tali servizi si appoggiano. In tal modo i clienti sono totalmente svincolati dalla gestione e manutenzione e aggiornamento dell’hardware utilizzato a offrire tali servizi, con la garanzia di poter godere dei massimi e aggiornati sistemi di protezione. L’infrastruttura, in questo caso, non è di proprietà del cliente, ma del provider, che la utilizza per fornire servizi anche ad altre aziende.
- Cloud Ibrido – L’Hybrid Cloud è, come è facile intuire, la via di mezzo tra le due opzioni Private e Public. In questa forma le aziende possono godere degli aspetti di flessibilità offerti dal public cloud, preferendo tenere applicazioni e dati sensibili all’interno di un private cloud a loro dedicato e ad esclusivo accesso.
- Multicloud – L’utilizzo di più cloud pubblici, gestibili in maniera dinamica, consente di differenziare l’infrastruttura di appoggio in base alle singole esigenze aziendali. Questo è in sintesi il multicloud, sfruttabile da aziende che necessitano il massimo della flessibilità di particolari servizi in determinati periodi, come i picchi di capacità computazionale per la generazione di progetti o in fase di test o, per contro, lo spostamento di grandi quantità di dati da uno storage all’altro, liberando spazio, anche momentaneamente, dove serve. Il vantaggio di una forma multicloud mette inoltre al riparo di eventuali malfunzionamenti di una rete o dal rischio di essere strettamente dipendenti da un unico provider qualora le sue condizioni non dovessero essere più in linea con le proprie esigenze.
Cloud Migration: le tappe necessarie per portare le applicazioni dall’on-premise al cloud
La cloud migration è il processo che porta, trasloca o rende fruibili in ambiente cloud le applicazioni che prima venivano utilizzate on-premise. La migrazione al cloud delle applicazioni è teoricamente sempre possibile, ma ne va attentamente valutata la convenienza secondo le esigenze delle singole aziende e, all’interno delle stesse, secondo le singole applicazioni utilizzate. I criteri da valutare e per i quali trovare il giusto equilibrio sono costi, performance e sicurezza dell’applicazione nell’eventualità di una migrazione verso ambienti cloud, spesso non previsti nel momento della loro programmazione.
Le strade possibili per la Cloud Migration
La Cloud Migration è un processo che certamente va calato attentamente all’inyterno di una strategia a lungo respiro delle aziende, visto che condizionerà il loro modello di business per il futuro. Ma l’esperienza del Covid-19 ci ha mostrato anche quanto a volte sia importante effettuare tale transizione nei tempi brevi dettati dall’emergenza.
Esistono più modi per trasferire le applicazioni in cloud, al netto di quelle che sono cloud native, ossia programmate già per essere fruibili in ambienti cloud, solitamente software sviluppati più recentemente o applicazioni accessorie e solo in rari casi critiche per le aziende. Soprattutto se si parla di aziende Enterprise che basano il proprio business su applicazioni custom.
Lift and Shift
Tra i metodi più veloci per effettuare la migrazione al cloud delle applicazioni è il Lift and Shift o Rehosting. Si tratta, come si può intuire, di un vero e proprio spostamento del software verso il nuovo ambiente, senza la necessità di dover mettere mano ai codici. Certamente veloce, ma difetta in flessibilità, che è invece la caratteristica tipica e auspicata del cloud. I costi, poi, sono superiori se paragonati ad altre forme di migration, come il Replatforming.
Replatforming
Il Replatforming è un’altra delle opzioni da prendere in considerazione nel processo di migrazione in cloud di un’applicazione. Questo metodo prevede interventi all’interno del software che vanno a modificare e ad upgradare l’applicazione stessa in modo da poterla “adattare” al nuovo ambiente cloud e renderla pienamente fruibile.
Refactoring
Il Refactoring, infine, consiste nella modalità più drastica di Cloud Migration, arrivando a spingersi addirittura alla scrittura ex novo di porzioni di codice dell’applicazione per renderla pienamente fruibile e performante negli ambienti Cloud. Un percorso certamente più lungo in termini di tempo rispetto agli altri che porta però con sé la garanzia di avere un software modo da essere interamente fruibile via Cloud. Ovviamente questa è una strada più lunga delle altre, ma la garanzia è di una piena compatibilità tra applicazione e ambiente di utilizzo.
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