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Crisi: imprese It pessimiste. Masiero: 'siamo al collasso'

L’indagine congiunturale di Assinform rileva un brusco cambiamento, in negativo, dopo l’estate. Le previsioni di crescita del Pil oscillano fra lo 0,2% e lo 0,7%, l'indice del clima di fiducia dei consumatori a settembre è sceso a 98,5 (da 100,3 di agosto, dati Confcommercio). Secondo Roberto Masiero, managing director di The Innovation Group, o si va verso l’innovazione o si muore. E l’articolo 117 della Costituzione potrebbe essere d’aiuto.

Pubblicato il 03 ottobre 2011 da Luigi Ferro

Se i dati Assinform che indicano un calo dell’Ict del 2,4% nel primo semestre di quest’anno destano preoccupazione allora è meglio non dare un’occhiata alle cifre dell’indagine congiunturale a firma della stessa Associazione, dalla quale giungono poche notizie positive.

Condotta sulle imprese che ne fanno parte, l’indagine riguarda i principali parametri e risente del cambiamento della situazione degli ultimi mesi. La terribile estate non è passata invano e quelli che in aprile giuravano su un miglioramento del fatturato sono scesi dal 46,4% al 40%. È cresciuto per contro il gruppo di chi pensa che la situazione sia stabile (dal 32 al 42%) ed è leggermente peggiorata la fascia dei pessimisti, passata dal 14 al 14,3%. Il discorso vale ovviamente anche per gli ordini dove il calo è ancora più brusco. Dal 46 al 38% per chi pensava a un miglioramento, dal 29 al 44% per la stabilità e dal 17,2 al 17,6% per il peggioramento.

 

L'analisi congiunturale Assinform mette in evidenza un clima di generale sfiducia fra le imprese Ict


Molto più pesante la situazione dell’occupazione dove balza dal 7 al 18% il numero di chi è convinto che la situazione sia in netto peggioramento. Da aprile oggi troviamo la metà di ottimisti e si amplia la fascia degli stabili. Più tranquilla la situazione dei consulenti, già falcidiati, per i quali si registra addirittura un declino dei pessimisti.

A sorpresa sono soprattutto le medie imprese del settore informatico a soffrire della situazione. Le piccole si dividono fra i due estremi. Il 58% pensa a un miglioramento (il dato è in crescita rispetto ad aprile), il 25% a un peggioramento (anche questo in leggera crescita), mentre si riduce l’area della stabilità. Una botta di pessimismo investe invece le medie imprese che vedono rosa per il 12,5% (era il 42%), grigio per il 62% (era il 42%) e nero per il 25%. Ad aprile, però, il dato si fermava al 14,3%.  
 
Il discorso cambia leggermente se spostiamo l’attenzione sull’occupazione. Le piccole tengono tanto che scompare anche la fascia dei pessimisti. Un dato dovuto anche alle ridotte dimensioni (c’è meno gente da mandare via), ma che si collega a quello degli ordini. Medie e grandi imprese invece alzano di parecchio le previsioni negative. Fra le prime i pessimisti passano dal 14 al 25% e fra le seconde il balzo è ancora più forte: dal 5 al 28%. Ancora più drammatica la situazione dei consulenti ai quali conviene dedicarsi alle piccole aziende dove non sono previsti tagli. L’ottimismo che regnava fra le medie imprese è scomparso e da 0 si è passati al 25% convinto che ci saranno altri tagli. E fra le grandi compare addirittura la fascia rossa (7%) che indica un deciso peggioramento.



Tutto si lega. Le previsioni di crescita del Pil oscillano fra lo 0,2% e lo 0,7%. Secondo Confcommercio a settembre l'indice del clima di fiducia dei consumatori è sceso a 98,5 da 100,3 di agosto. In forte calo anche il clima economico: l'indice diminuisce da 70 a 67,8 e la fiducia sulla situazione personale passa da 116,2 a 114,4.

La crisi della filiera dell’Ict, forse qualcuno non l’ha ancora compreso a fondo, non è un fatto che riguarda però solo le filiali italiane delle multinazionali o il singolo comparto.  A parte il fatto che stiamo parlando del quarto settore industriale italiano con 380mila addetti (cifre Assinform) la crisi del settore incide anche sui dati relativi alla produttività. Proprio quella che in Italia non cresce da anni e sulla quale l’Ict ha un impatto importante. Come mostra la tabella di Assinform dove maggiore è la crescita della produttività, maggiore è la presenza dell’Information & communication technology.



L’obbligo di stare al passo con l’innovazione
“I dati Assinform sono cautelativi, siamo sull’orlo del collasso”. Roberto Masiero, ex vicepresident Idc e oggi managing director di The Innovation Group non è incline all’ottimismo.  Oltre alla crisi economica con conseguente mancata crescita del Pil (o crescita molto limitata), aggiunge, ci troviamo di fronte “al dilemma dell’innovazione-cannibalizzazione”.

Di fronte all’avanzata del cloud le aziende di servizi devono decidere se procedere sulla strada dell’innovazione o perdere nel tempo la loro rendita di posizione. “O investi per diventare un player globale o sei cannibalizzato dal cloud e da altre architetture e modelli di business che permettono l’efficientamento delle organizzazioni”. Qualche nome? Masiero non si tira indietro e parla di Almaviva, Engineering e Replay che appare meglio posizionata sul fronte dell’innovazione.  

“Standardizzazione e globalizzazione dell’Ict, prosegue ancora l’ex analista di Idc, contribuiscono a stanare le aree protette, che permettevano la sopravvivenza in mercati locali o captive di una serie di soggetti. Questa roba è finita”. E allora bisogna decidere se andare per esempio verso il cloud o perdere nel tempo la rendita di posizione.  “Anche le multinazionali – questo l’avviso di Masiero - pagano pegno tanto che c’è un giro di valzer di country manager che pagano il mancato rispetto dei target fissati prima dell’estate visto che sono riconosciuti solo come gestori di reti di vendita”. La sua ricetta personale punta su un rivisitazione dell’articolo 117 della Costituzione dove si parla anche della potestà dello Stato nel coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale.

Le aziende sono al bivio: come innovare investendo in nuove tecnologie?


In tutto questo vanno registrate le richieste di Assinform che chiede al governo misure a favore della crescita e dell’innovazione appaiono “legittime e sensate”. Ai primi posti dell’agenda c’è l’obbligo di tornare a crescere. Masiero rilegge invece in tutto con gli occhiali del cloud e propone di spendere meglio quei soldi che lo Stato spende per la Pa centrale (1,5 miliardi), per la Pa locale (1,5 miliardi ) e per la Sanità (2 miliardi) che si disperdono in una miriadi dei investimenti che finiscono nella giungla di piccole imprese locali con alto tasso di inefficienza.

Tutti i comuni con meno di cinquemila abitanti devono finire nella nuvola così come il settore sanitario. “Il cloud – questo lo slogan della crociata pro nuvola - permette di rendere possibile quel ruolo di coordinamento che deve essere esercitato dallo Stato”. E diventa tanto più importante con l’arrivo del federalismo rendendo interoperabili servizi che oggi sono incompatibili.



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