22/10/2016 di Redazione

Cybersicurezza: scuole e aziende devono formare i giovani

Gli under 25 provano timore per gli attacchi informatici, ma ne sono attratti: secondo un sondaggio di Kaspersky Lab il 64% dei ragazzi italiani riconosce agli hacker molte competenze. Se il mondo dell’istruzione e le imprese non sono disposti ad aiutare

immagine.jpg

Preoccupati, ma in fin dei conti attratti dal “lato oscuro”. È questa la fotografia principale scattata da Kaspersky Lab al termine di un sondaggio che ha coinvolto 12mila utenti privati e professionisti It negli Stati Uniti e in Europa. Al centro dell’indagine ci sono i giovani, le loro competenze informatiche e le minacce del cybercrimine. Quello che emerge dai numeri è decisamente chiaro e va inserito in uno scenario abbastanza drammatico: già entro la fine di questo decennio la domanda globale di esperti di sicurezza supererà di un terzo l’offerta. Gli under 25 sono abituati agli attacchi informatici su larga scala, ma sono sia attratti sia intimoriti da questo fenomeno. La loro preoccupazione supera solo in maniera marginale la curiosità per queste tipologie di crimini.

Secondo il sondaggio, infatti, il 64 per cento degli italiani sotto i 25 anni considera le attività di hacking una competenza “notevole” e soltanto il 26 per cento degli intervistati è preoccupato dalle persone che dispongono di queste abilità. Molti di loro, tra l’altro, sono già in grado di confondere le informazioni durante la navigazione: oltre un terzo è capace per esempio di nascondere il proprio indirizzo Ip.

Il problema nasce qui: le competenze per tanti under 25 ci sono, ma sta al mondo dell’istruzione e alle aziende convogliarle verso buoni scopi. Per evitare di generare mostri. Mentre il 43 per cento dei ragazzi ha infatti preso in considerazione una carriera nella cybersicurezza, considerata da molti (42%) come un modo per fare buon uso del proprio talento, tantissimi altri hanno ammesso di essere inclini a prendere parte ad attività più discutibili.

 

Fonte: Kaspersky Lab

 

Un numero significativo di intervistati userebbe così le proprie competenze per divertimento (18%), attività segrete (22%) e addirittura per ottenere profitti finanziari (10%). Le imprese però non sembrano in grado di fare qualcosa. Mentre il 94 per cento dei professionisti ritiene che sia importante che i giovani si uniscono alla guerra per la sicurezza informatica, solo il 33% delle aziende ha dichiarato di disporre di ruoli entry-level e/o di percorsi di formazione.

L’accesso alla professione è quindi molto difficile. La maggior parte delle organizzazioni (76%) promuove soltanto personale interno e il 39 per cento di loro preferisce reclutare professionisti con esperienza. Ma per il 69 per cento dei professionisti italiani dovrebbe essere invece il sistema educativo a svolgere il ruolo principale per incoraggiare i talenti, fornendo loro i giusti skill.

Alcuni Paesi si stanno già muovendo, per limitare il gap futuro (1,5 milioni di professionisti mancanti entro il 2020, secondo Frost & Sullivan). Gli Stati Uniti hanno stanziato quattro miliardi di dollari a favore dell’insegnamento dell’informatica nelle scuole, mentre il governo del Regno Unito ha annunciato un “Post-16 Skills Plan” mirato agli skill It nell’istruzione superiore.

 

ARTICOLI CORRELATI