Pubblicato il 14 febbraio 2022 da Valentina Bernocco
Google è di nuovo sotto tiro in Europa per ragioni antitrust, e più precisamente a causa dello strapotere detenuto nel mercato della pubblicità online. Dopo le tre maxi multe della Commissione Europea giunte tra il 2017 e il 2019 per violazioni delle regole della concorrenza (per via di Android, del servizio di comparazione prezzi e della piattaforma Adsense), la stessa Commissione l’anno scorso a giugno ha aperto una nuova indagine antitrust e ora, tanto per far piovere sul bagnato, Google è finita nel mirino degli editori. Lo European Publishers Council, organizzazione attiva dai primi anni Novanta e che riunisce i presidenti e amministratori delegati di molti grandi e piccoli gruppi editoriali (da Reuters a Rizzoli, da The Guardian a Repubblica), si è rivolta alla Commissione Europea depositando una denuncia contro Google.
L’obiettivo della denuncia, si legge sul sito dello European Publishers Council, è quello di “spezzare la stretta alla gola” esercitata da Google sugli editori e sulle altre attività presenti nell’ecosistema della pubblicità sui canali digitali. In particolare, si chiede alla Commissione Europea di “riconoscere Google come responsabile di condotte anticoncorrenziali e di imporre dei correttivi per ripristinare condizioni di reale competizione”.
A detta dell'associazione, dopo l’acquisizione di DoubleClick, nel 2008, Google ha avviato una “raffica di tattiche illegali” per ostacolare la concorrenza nel mercato dell’ad tech, cioè l’advertising su canali digitali. Ha così potuto conquistare, negli anni, un market share compreso tra il 90% e il 100%. Il fatto che Google, in molte catene di valore, sia allo stesso tempo l’offerente e il compratore determina un conflitto di interessi e dà all’azienda carta bianca per dettare le regole che più le convengono.
Secondo le dichiarazioni di Christian Van Thillo, presidente dello European Publishers Council, è arrivato il momento che le istituzioni europee vadano oltre la semplice dissuasione e impongano misure severe, in grado di obbligare Google a cambiare comportamento, “un comportamento che ha causato e continua a causare notevoli danni, non solo agli editori giornalistici europei ma a tutti gli investitori pubblicitari e infine ai consumatori, in forma di prezzi più elevati, minore scelta, minore trasparenza e minore innovazione".
Chissà se questa nuova azione legale potrà guastare la festa ad Alphabet, che è reduce dalla pubblicazione di dati di bilancio a dir poco strepitosi. In chiusura di anno fiscale, la holding ha calcolato un ammontare di 257,6 miliardi di dollari di ricavi per il 2021, corrispondenti a una crescita del 41% sul giro d’affari del 2020.
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