Zte ha patteggiato una multa da 1,19 miliardi di dollari con il Dipartimento del Commercio statunitense, dichiarandosi quindi colpevole di aver violato l’embargo Usa sulla vendita di componenti elettronici verso alcuni Paesi: dopo aver comprato i materiali, questa è stata da sempre l’accusa del governo, tra il 2010 e il 2016 Zte li ha infatti assemblati per produrre dispositivi spediti poi illegalmente in Iran, Corea del Nord, Siria, Sudan e Cuba. Secondo l’accusa, la sola Pyongyang avrebbe ricevuto 283 apparecchi per le telecomunicazioni. La conferma del patteggiamento, che chiude quindi definitivamente una causa in corso dal 2012, è stata diramata direttamente dal segretario al Commercio Wilbur Ross, nominato lo scorso novembre dal neopresidente Donald Trump.

La sanzione imposta dal governo è sicuramente pesante, ma Zte non aveva vie d’uscita: l’alternativa era vedersi ritirare il permesso di vendere i propri prodotti su suolo americano e di rifornirsi di componentistica. L’azienda è entrata con prepotenza nel mercato a stelle e strisce nel 2008, affermandosi in breve tempo come il principale produttore cinese di smartphone nel Paese, con l’11 per cento di quote (dati del 2016), dietro soltanto ad Apple (39%), Samsung (19%) ed Lg (13%).

L’accordo siglato con il governo statunitense prevede che, per i prossimi tre anni, Zte dovrà sottoporsi a un monitoraggio indipendente che verificherà l’adesione a eventuali pratiche commerciali corrette. La società dovrà inoltre cooperare con il Dipartimento di Giustizia in caso di indagini penali: al momento nessun esponente di Zte è stato formalmente accusato, ma il gruppo ha comunque dovuto allontanare in questi mesi quattro dirigenti, tra cui il Ceo Shi Lirong.

Il nuovo numero uno, Zhao Xianming, ha assunto l’incarico ad aprile 2016. Dopo il patteggiamento, il Ceo ha spiegato che l’azienda “ha riconosciuto i propri errori e se ne è assunta le responsabilità, ci impegneremo per portare cambiamenti positivi […] Istituire nuove procedure legate alla compliance e apportare cambi significativi al personale sono state delle priorità assolute per la compagnia. Da questa esperienza abbiamo imparato molto”.

 

 

Come sottolineato da Reuters, grazie al cui scoop del 2012 ebbe origine la vicenda, la multa è composta da 661 milioni di dollari che saranno destinati al Dipartimento del Commercio; 430 milioni sono il risultato di sanzioni e confische di varia natura e 101 milioni verranno versati all’Ofac, l’Office of Foreign Assets Control del Commercio statunitense.

Il pagamento di circa 300 milioni, destinati alla Banca dei regolamenti internazionali, è al momento sospeso, perché il denaro è legato a un secondo periodo di sorveglianza di sette anni, durante il quale Zte potrà ancora approfittare di privilegi sull’export imposti dalle normative statunitensi, ma che verranno bloccati se dovessero emergere altre violazioni. In caso di infrazione, scatterà anche la sanzione accessoria di 300 milioni. Il governo Usa ha quindi gli occhi ben puntati su Zte, alla società conviene non scherzare con il fuoco.