08/06/2012 di Redazione

EMC Greenplum: i Big Data spiegati alle imprese

Il colosso dello storage americano parte da una posizione privilegiata nella corsa alla gestione dei Big Data, grazie alle acquisizioni e all'apertura alle tecnologie standard. IctBusiness ha intervistato Philippe Gosseye, EMEA Business Development Manage

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L’ultimo riconoscimento è di Forrester Research, che in uno dei suoi report più recenti ha definito EMC Greenplum il leader nel suo segmento “per la sua capacità di saper offrire una soluzione Hadoop all’interno di un solido portfolio di enterprise data warehouse”. Forrester ha evidenziato numerosi punti di forza, tra cui il fatto che EMC Greenplum sia il primo vendor a fornire un’appliance Hadoop completa di livello enterprise e a sviluppare una famiglia di soluzioni che comprendono Hadoop, data warehouse e integrazione dei dati in un unico rack.Che l’acquisizione di Greennplum, perfezionata da EMC due anni fa (luglio 2010), sia stato un passo importante della multinazionale nel posizionamento sul segmento dei Big Data, ora in rapida espansione, non ci sono dubbi. IctBusiness ha incontrato Philippe Gosseye, EMEA Business Development Manager per l’area Greenplum di EMC, e ha sfruttato l’occasione per fare il punto su uno dei paradigmi più discussi e in voga del momento.

Qual è la sua visione dei Big Data?
Fino a qualche mese fa si parlava solo di cloud, ora non c’è discussione IT in cui non siano citati i Big Data. E’ un fenomeno molto complesso, per certi versi ancora allo stadio iniziale. Proprio per questo penso che sia necessario essere molto chiari, dire la verità, spiegare alle aziende che l’etichetta “big” talvolta sta invece per “small”, altre per “value”. Che la quantità è solo uno degli aspetti del fenomeno, non certo l’unico.

E’ per questo che ha deciso di dedicarsi a tempo pieno a questa missione?
Quando EMC ha acquisito Greenplum mi è stato chiesto di occuparmi del business developement per quest’area. Ho iniziato a studiare il fenomeno e ora che lo conosco penso che per un manager questo sia il miglior posto dove stare in questo momento.

Come vede il panorama italiano dei Big Data? Di solito il nostro Paese ha un paio d’anni di ritardo rispetto ai paesi più avanzati…
Non sono così sicuro che l’Italia sia indietro. Vedo spinte simili a quelle presenti nel resto d’Europa. Così come nelle altre country, non tutte le aziende hanno ancora capito che cosa sono i Big Data e come trattarli. O meglio, forse ancora nessuno gli ha spiegato a che cosa serve analizzarli.

Proviamo a spiegarlo noi?
Ci vorrebbe più tempo di quello che abbiamo a disposizione qui. Però alcune cose si possono dire. Prima di tutto, non bisogna più guardare ai dati solo come a una sequenza di zero e uno da memorizzare e “backuppare”. Bisogna demolire le barriere del passato, che distinguevano i dati storici da quelli attuali. Bisogna abituarsi a trattare insieme i dati strutturati e quelli non. Bisogna guardare i dati con un occhio diverso: chiedersi da subito “che cosa ci posso fare”? Proprio questi temi sono quelli che hanno spinto EMC ha acquisito Greenplum.

Philippe Gosseye, EMEA Business Development Manager per l'area Greenplum EMC


La crescita del volume dei dati, però, non è un fenomeno recente.
Di esplosione dei dati se ne parla da tempo. Quello che ci siamo dimenticati di evidenziare è che la crescita riguardava soprattutto i dati non strutturati. E’ un fenomeno che ha comunque proporzioni importanti e che ha colto impreparati anche il mercato. Tanto per fare un esempio, noi abbiamo già portato a bordo 600 specialisti per l’iniziativa Analytics Lab, che prevede l’intervento dei nostri Data Scientist presso la sede dei clienti. Ora però siamo alla ricerca disperata di matematici e statistici, perché la domanda è superiore all’offerta.

Quindi non è un problema di tecnologia?
No, le tecnologie ci sono. Noi, ad esempio, abbiamo messo in campo piattaforme come la Data Computing Appliance (DCA) o la Unified Analytics Platform (UAP) che sono già in grado di soddisfare qualsiasi esigenza di analisi di Big Data e informazioni non strutturate. E’, come spesso accade, un problema di cultura aziendale e di risorse umane. Da questo punto di vista, i partner ci stanno aiutando molto a diffondere la giusta cultura e il giusto approccio nei confronti delle aziende.

Che profilo hanno questi partner?
L’ecosistema dei partner si divide sostanzialmente in due mondi: quello degli operatori tradizionali e quello dei nuovi soggetti, che noi chiamiamo “catalizzatori”. Questi ultimi sono di piccole dimensioni, spesso operano in nicchie di mercato, hanno una forte impronta imprenditoriale. Operando insieme a tutti loro potremo creare presto un “analytics app store”, che già oggi conta alcune applicazioni innovative e alcuni partner attivi, ma che ben presto supererà i 100 elementi.

I Big Data cambieranno il mondo dell'IT?



Ci può fare qualche esempio?
C’è una società chiamata CallMiner che ha sviluppato una soluzione che permette di trasformare la voce in dati, che poi possono essere analizzati. Ci sono software che ottimizzano le campagne di marketing, sono tanti piccoli “building blocks” che possono essere sfruttati da tutti gli altri partner dell’ecosistema per assemblare la soluzione giusta. Per molti versi il fenomeno dei Big Data sta cambiando i connotati del mercato IT molto più di altre tecnologie.

E che cosa altro cambierà nel settore IT?
Stiamo cogliendo segnali molto importanti di cambiamento. A un recente evento organizzato da noi a Londra sono venuti oltre 190 manager a scoprire a che cosa servono i Big Data per il business. Questi eventi saranno ripetuti in tutta Europa, con lo scopo di invitare i leader dell’IT a pensare in grande, dimenticando per un attimo la tecnologia e allargando i propri orizzonti. Per sopravvivere, è una provocazione ma nemmeno tanto, i CIO devono diventare “revenue generator”.

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