Pubblicato il 18 dicembre 2020 da Redazione
L’infrastruttura in fibra ottica di Open Fiber, da italiana, diventerà per metà australiana. Enel ha infatti avviato le procedure per la vendita della propria quota societaria al fondo australiano Macquarie Infrastructure & Real Assets (Mira). L’altro 50% del capitale di Open Fiber resterà a Cassa Depositi e Prestiti. L’amministratore delegato di Enel, Francesco Starace, ha ricevuto mandato di avviare l’iter di cessione, in cui è prevista una incognita: la società potrebbe vendere l’intera sua quota, pari al 50% di Open Fiber, oppure il 40%, ricavandone nel primo caso un guadagno di 2,65 miliardi di euro e nel secondo 2,12 miliardi di euro.
La data di chiusura dell’operazione è stata fissata al 30 giugno 2021. Se però si dovesse sforare, il prezzo salirebbe (incrementato a un tasso pari al 9% annuo, calcolato a decorrere dal 1° luglio).
La notizia del disinvestimento di Enel non giunge del tutto inaspettata. Da anni si discute in Italia dell’opportunità (caldeggiata dal governo) di creare la famigerata “rete unica”, una infrastruttura di accesso in banda larga che elimini le ridondanze e le sovrapposizioni tra operatori. L’uscita di scena di Enel segna un passo in avanti e prepara il terreno per una eventuale fusione tra Open Fiber e FiberCop, la newco figlia di Tim, di Fastweb e del fondo americano Kkr.
FiberCop sarà la società incaricata di gestire la rete di accesso “fisica” di Tim, ovvero sarà (al pari di Open Fiber) un operatore all'ingrosso che offre servizi di accesso agli altri carrier presenti sul mercato. Tuttavia l’Agcom ha da mesi espresso le proprie perplessità in merito alla creazione di una rete unica gestita da Tim, che configurerebbe un rischio di ritorno al monopolio nel mercato italiano delle telco.
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