10/12/2018 di Redazione

Facebook, 10 milioni di multa per uso ingannevole dei dati

L’Antitrust italiano ha sanzionato il social network per non aver informato in modo adeguato gli utenti sulle attività di raccolta a scopo commerciale delle informazioni private. Violati quattro articoli del Codice del Consumo.

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Facebook “induce ingannevolmente gli utenti consumatori a registrarsi nella piattaforma […], non informandoli adeguatamente e immediatamente, in fase di attivazione dell’account, dell’attività di raccolta, con intento commerciale, dei dati da loro forniti, e, più in generale, delle finalità remunerative che sottendono la fornitura del servizio di social network, enfatizzandone la sola gratuità”. Con queste motivazioni, l’Antitrust italiano ha deciso di multare con 10 milioni di euro Facebook Ireland Ltd. e la sua controllante Facebook Inc per presunte violazioni degli articoli 21, 22, 24 e 25 del Codice del Consumo. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha chiuso in questo modo l’istruttoria aperta lo scorso aprile nei confronti del colosso di Menlo Park, obbligando anche l’azienda a “pubblicare una dichiarazione rettificativa sul sito internet e sull’app per informare i consumatori”.

Secondo l’authority, le pratiche del gruppo californiano avrebbero spinto gli utenti ad assumere “una decisione di natura commerciale che non avrebbero altrimenti preso (registrazione al social network e permanenza nel medesimo). Le informazioni fornite (all’atto della registrazione, ndr) risultano, infatti, generiche e incomplete senza adeguatamente distinguere tra l’utilizzo dei dati necessari per la personalizzazione del servizio […] e l’utilizzo dei dati per realizzare campagne pubblicitarie mirate”.

Ma gli accertamenti dell’Agcm non si sono fermati qui. Per l’Antitrust, infatti, l’azienda “attua una pratica aggressiva in quanto esercita un indebito condizionamento nei confronti dei consumatori registrati, i quali subiscono, senza espresso e preventivo consenso – quindi in modo inconsapevole e automatico – la trasmissione dei propri dati da Facebook a siti web/app di terzi, e viceversa, per finalità commerciali”.

Ed è questo forse uno dei punti più sensibili della vicenda, in quanto è direttamente collegato a tutte le pratiche emerse dallo scandalo Cambridge Analytica in poi. “L’indebito condizionamento deriva dall’applicazione di un meccanismo di preselezione del più ampio consenso alla condivisione di dati. La decisione dell’utente di limitare il proprio consenso comporta, infatti, la prospettazione di rilevanti limitazioni alla fruibilità del social network e dei siti web/app di terzi; ciò condiziona gli utenti a mantenere la scelta preimpostata da Facebook”.

In che modo? “Attraverso la preselezione della funzione “Piattaforma attiva” (il social network, ndr) preimposta l’abilitazione ad accedere a siti web e app esterni con il proprio account Facebook, predisponendo la trasmissione dei dati dell’utente ai singoli siti web/app, in assenza di un consenso espresso da parte dello stesso. Facebook reitera, poi, il meccanismo della preselezione in opt out, rispetto ai dati che vengono condivisi, nella fase in cui l’utente accede con il proprio account Facebook a ciascun sito web/app di terzi, inclusi i giochi”.

“L’utente può, infatti, anche in questo caso, solo deselezionare la preimpostazione sui dati operata da Facebook, senza poter attuare in ordine agli stessi una scelta attiva, libera e consapevole”, ha concluso l’Agcm. La società può ora presentare ricorso al Tar del Lazio entro sessanta giorni dalla notificazione del provvedimento. In caso di inottemperanza, l’authority potrà applicare una sanzione amministrativa pecuniaria da 10mila a 5 milioni di euro, con la possibilità di disporre una sospensione delle attività per un massimo di trenta giorni.

 

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