Guerra Cina-Svezia per il 5G, Ericsson teme l’esclusione
A causa del veto svedese su Huawei e Zte per le forniture di tecnologie 5G, ora Ericsson rischia di essere a sua volta tagliato fuori dal mercato cinese.
Pubblicato il 25 maggio 2021 da Redazione

Ericsson teme di essere esclusa in Cina dalla fornitura di tecnologie 5G per le infrastrutture di telecomunicazioni nazionali. Una sorta di rappresaglia, una reazione alla scelta del governo svedese, che lo scorso ottobre aveva deciso di escludere le cinesi Huawei e Zte dai contratti di fornitura per le infrastrutture di rete nazionali, sull’onda dell’allarme lanciato dall’Autorità delle Poste e Telecomunicazioni (Pts). Quest’ultima aveva definito la Cina come “una delle maggiori minacce per la Svezia”, allineandosi di fatto alle posizioni oltranziste di Donald Trump.
In Cina, invece, Ericsson finora non ha incontrato ostacoli, aggiudicandosi la vittoria sulla rivale Nokia per la fornitura di apparati radio ai tre principali provider di telecomunicazioni del Paese. Ora, però, in una comunicazione agli investitori, la società ha fatto sapere di aver corretto il proprio profilo di rischio, emettendo un’obbligazione non garantita a otto anni da 500 milioni di euro.
A causa della messa al bando delle aziende cinesi da parte del Pts, c’è un rischio di “danni collaterali dovuti alla deteriorata relazione tra Svezia e Cina”, ha scritto l’azienda di Stoccolma. “Ericsson è inclusa in diversi bandi di gara aperti in Cina, ma l’esito finale resta incerto e la attuale valutazione dell’azienda è che sia aumentato il rischio di essere confinata in un market share significativamente inferiore a quello attuale”. La società ha poi rimarcato che “la situazione geopolitica può avere conseguenza sull’intero mercato, con una maggiore probabilità di ulteriori divisioni nell’industria, separazioni nella catena del valore globale e tra gli standard globali di telecomunicazioni cellulari”.
La strategia di Huawei
In Cina intanto il fondatore di Huawei, Ren Zhengfei, ha rimarcato la nuova strategia dell’azienda (già formalmente annunciata di recente), conseguente ad anni di restrizioni commerciali nell’import-export da e verso gli Stati Uniti. Restrizioni che ostacolano non solo la vendita di smartphone in un mercato ampio e strategico, ma anche la fornitura di software (come Android) e componenti hardware.
Già orfana del marchio Honor, venduto per circa 15 miliardi di dollari, Huawei sta puntando sul software e sulla differenziazione delle attività, per esempio nel campo dell’automotive, così da essere meno dipendente dalla vendita di smartphone e di dispositivi in generale. Come riportato da Reuters, le difficoltà nella produzione di hardware spingeranno l’azienda a sviluppare un più ampio ecosistema software, a partire dal sistema operativo HarmonyOS e dalla tecnologia di intelligenza artificiale Mindspore.
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