I dati operativi non bastano, bisogna pensare all’esperienza
Oggi le aziende ancora le aziende faticano a mettere insieme i dati operativi con quelli riferiti alla user experience, mentre questa abilità può fare la differenza. Ce ne parla Luisa Arienti, amministratore delegato di Sap per l’Italia.
Pubblicato il 11 novembre 2019 da Redazione

Viviamo nell’era della “economia dell’esperienza”, un’economia in cui il successo delle aziende sempre più dipende dalla loro capacità di creare user experience appaganti, efficaci e personalizzate. Questa è la direzione intrapresa, sulla spinta dell’inarrestabile produzione di dati di ogni genere. Ma le aziende hanno ancora tanto lavoro da fare per colmare un “experience gap” che si traduce in una perdita di potenziali ricavi. Sap sottolinea come attualmente l’80% dei Ceo pensi di fornire ai propri clienti dei servizi di altissimo livello, mentre solo l’8% dei clienti abbia questa percezione. Per ridurre il gap ed elevare il livello del servizio fino alle aspettative dei clienti bisogna necessariamente lavorare sui dati. Come? Ce ne parla Luisa Arienti, amministratore delegato di Sap in Italia.
Luisa Arienti, amministratore delegato di Sap Italia
L’experience economy ha cambiato il modo con cui le aziende competono. Oggi chiunque si affacci sul mercato offrendo prodotti o servizi è chiamato ad ascoltare le emozioni, le intenzioni, i bisogni dei clienti per proporre prodotti e servizi in linea con le loro attese, con la reale ambizione di stupire il cliente e superare le sue aspettative. Viviamo in un’economia in cui il successo di un’azienda è sempre più dettato dalla sua capacità di offrire esperienze uniche, che costituiscono il vero motivo di fedeltà al brand che sono importanti quanto o più del prodotto o servizio stesso.
Nell’era dell’experience economy, gli analisti stimano che l'80% dei consumatori scelga di cambiare brand se vive un’esperienza deludente. In tutto questo, l’80% dei Ceo pensa però di fornire ai propri clienti servizi di altissimo livello, mentre solo l’8% dei clienti in realtà percepisce la stessa qualità di servizio. Questo divario enorme tra ciò che crediamo stia succedendo e ciò che sta succedendo veramente è chiamato experience gap ed è quello che rende inefficaci alcuni lanci di prodotto, che porta a tempi di consegna lunghissimi, a elevati tassi di abbandono del carrello durante un acquisto online e così via.
L'esperienza è quindi il nuovo “campo di battaglia” e per vincere nell’experience economy, le aziende hanno bisogno di interpretare e analizzare il reale mood del cliente basandosi su dati esperienziali diretti (X-data), generati dai commenti degli utenti, dai sondaggi sulla customer satisfaction, dalle recensioni dei prodotti, dal sentiment che un marchio ispira. Bisogna capire la loro correlazione con i dati operativi (O-data), cioè i dati generati dai processi di business, come quelli dei sistemi di Erp, di Crm, di gestione delle vendite e della supply chain. In pratica, gli O-data descrivono un fenomeno (quante volte si è verificato, con quale intensità, quanti clienti ha coinvolto, eccetera) mentre gli X-data spiegano il perché si sia verificato (perché un cliente non ha comprato quella felpa, perché non ha approfittato di una promozione, perché non acquista online ma preferisce sempre andare nel negozio all’angolo). Oggi è proprio la combinazione tra O-data e X-data a rappresentare la chiave di successo nell’experience economy: è qui che le aziende possono fare la differenza, imparando ad ascoltare, a capire e agire nella giusta direzione.
La difficile gestione degli X-data
Fino ad ora, parlando di experience gap si identificava un problema di tecnologia. Sono tre i motivi per cui l’integrazione degli X-data nei sistemi informatici di un'azienda si è rivelata complessa. Innanzitutto, gli X-data sono solitamente presenti in tool e database diversi. L’esistenza di silos di dati è il peggior nemico della customer experience, perché significa che le informazioni sono inaccessibili a quelle aree o funzioni aziendali che non li abbia raccolti direttamente. Il risultato è che diversi team sono costretti a porre le stesse domande agli stessi clienti, più e più volte, inondandoli di e-mail generiche; vuol dire che il team vendite avrà una vista sul cliente che è diversa da quella del team che gestisce la piattaforma di e-commerce o il servizio clienti. Per essere significativi e utilizzabili, gli X-data devono quindi essere centralizzati a livello aziendale.
In secondo luogo, quando queste informazioni sono raccolte attraverso più strumenti o sistemi frammentati, la capacità di un'organizzazione di gestire e monitorare la raccolta di informazioni personali sensibili è limitata. Questo crea significativi rischi per la sicurezza – cui siamo tutti molto sensibili per via delle nuove normative, come il GDPR – ed espone le organizzazioni a possibili sanzioni. Infine, la maggior parte degli X-data non è utilizzabile perché non è incorporata nei sistemi operativi e nei processi aziendali.
I progressi della tecnologia
Oggi la tecnologia permette questo passaggio: possiamo quindi mettere in correlazione gli X-data nei sistemi custodi degli O-data, come ad esempio Erp, Crm, supply chain, eccetera. La connessione degli X-data con gli O-data consente non solo di capire perché si verifichino determinate situazioni, ma anche di individuare trend nascosti e quindi formulare automaticamente indicazioni per aiutare a correggere ciò che non funziona o per rafforzare gli elementi che hanno un alto impatto sulla soddisfazione del consumatore.
Le aziende che vinceranno nell’experience economy sono quelle che sapranno sfruttare questa combinazione e passeranno da un sistema di controllo e misurazione a un sistema che permetta l’azione in tempi rapidi, basata su dati certi, per avere clienti più soddisfatti e differenziarsi dai concorrenti. In questo senso, grazie all’acquisizione di Qualtrics di inizio anno, abbiamo introdotto l’experience management nella suite Sap C/4Hana, creando potenti soluzioni cloud per la gestione di vendite, marketing, commerce e servizi. Disponiamo quindi di una piattaforma di customer experience che consente alle organizzazioni di ascoltare, capire e agire basandosi su insight che influenzano le decisioni di acquisto e, in ultima analisi, la fedeltà dei clienti.
ANALYTICS
- Robot, analytics, computer vision: le carte vincenti del 2021
- La contraddizione degli analytics: interessano ma non soddisfano
- Un database convergente e smart per l’azienda data-driven
- Integrazione e analytics, Qlik si allarga con Blendr.io
- Tibco si rafforza con l’acquisizione di Information Builders
SPUNTI DI VISTA