Pubblicato il 17 settembre 2016 da Valentina Bernocco
Ai problemi degli Stati Uniti, alla vigilia di elezioni presidenziali davvero storiche (comunque andrà, che vinca Hillary Clinton o Donald Trump), se ne aggiunge un altro: i robot. In soli cinque anni, da qui al 2021, il 6% dell’attuale forza lavoro potrebbe essere eroso a causa della sostituzione dei professionisti in carne o ossa con macchine intelligenti, capaci di operare in modo più efficiente e con minori costi. Tanto afferma un nuovo studio di Forrester, firmato dal ricercatore Bryan Hopkins, e di cui il Guardian ha fatto circolare alcuni dettagli. Associata a cloud computing, Internet of Things e intelligenza artificiale, la robotica è una delle tendenze tecnologiche destinate ad avere più impatto sul mondo delle aziende e dell’industria nel medio periodo.
“Entro il 2012 l’ondata distruttrice sarà cominciata”, scrive Hopkins. “Soluzioni alimentate dalla tecnologia cognitiva di intelligenza artificiale sostituiranno molte occupazioni, con particolare impatto nei settori dei trasporti, logistica, servizio clienti e servizi consumer”. E tutto questo certamente non suona nuovo, perché molto si è già visto all’opera: dai robot indipendenti o teleguidati che operano in catena di montaggio, a quelli che spostano e prelevano merci nei magazzini, fino ai chatbot alimentati dall’intelligenza artificiale, capaci di dialogare con un cliente e gestire operazioni di troubleshooting.
Quello che colpisce, però, è la quantificazione dell’impatto: 6% in cinque anni è moltissimo, specie considerando che non viviamo in tempi di boom economico e occupazionale. Per arrivare a tanto, oltre alle tecnologie di già largo impiego come quelle citate, entreranno in gioco i veicoli a guida autonoma che oggi sono per lo più ancora sperimentazioni. Sperimentazioni non sempre perfette, come dimostrano gli incidenti e gli hackeraggi-demo del pilota automatico della Tesla Model S o della Jeep Cherokee, le tecnologie driverless stanno comunque raccogliendo investimenti e sforzi massicci sia dai grandi nomi dell’automotive (come Ford e Volvo) sia da quelli dell’It (Google, innanzitutto, ma anche Apple con il pur incerto Project Titan).
Senza dimenticare Uber, che con Volvo sta avviando alcuni test su taxi senza conducente nella città di Pittsburgh, in Pennsylvania. E dunque, per riprendere le parole dello studio di Forrester, le premesse di quella che presto potrebbe diventare un’onda distruttrice oggi ci sono già tutte. Se poi pensiamo ai 3,5 milioni di veicoli pesanti in circolazione negli States, ecco che in futuro anche nel trasporto merci sul posto del guidatore potrebbe non sedersi più nessuno, mentre il computer di bordo comunica in tempo reali con sensori, fotocamere e con il cloud.
Zenbo, il "robot da compagnia" di Asus
Fra le categorie professionali a rischio sostituzione vanno citati commessi e receptionist, come già si inizia a vedere (ancor in casi isolati, a volte curiosi) in Giappone. Per il Paese del Sol Levante, lo scorso anno uno studio del Nomura Research Institute prevedeva scenari ancor più drammatici di quelli di Forrester: entro il 2035 un posto di lavoro su due (il 49%) potrà essere occupato da una macchina. Per gli Stati Uniti, invece, si arriverà al 47%. È bene comunque sottolineare come si tratti di proiezioni, che tengono conto dell’evoluzione tecnologica ma non di variabili sociali né delle politiche occupazionali dei governi. E chissà se la “questione robot” entrerà a far parte della prossima campagna elettorale per le presidenziali del 2020.
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