Il 2018 sarà l’anno della trasparenza per Kaspersky
L’azienda prova a superare il momento di sfiducia del mercato con una serie di iniziative per dimostrare la genuinità dei propri prodotti: dalla revisione indipendente di codice e processi interni, fino a nuove ricompense per il programma di bug bounty.
Pubblicato il 24 ottobre 2017 da Redazione

Kaspersky non ha paura delle accuse e risponde promettendo più trasparenza. L’azienda, finita nel polverone per le accuse mosse da Stati Uniti e Israele sui suoi presunti legami con l’intelligence russa, ha già replicato diverse volte dichiarandosi estranea a qualsiasi misfatto. Ma, per dare un ulteriore segnale della propria innocenza, ha lanciato la “Global Transparency Initiative”: un vero e proprio piano globale strutturato in diverse fasi ideato per “ripristinare la fiducia dei consumatori”. A partire dal primo trimestre del 2018, Kaspersky avvierà l’iniziativa con una revisione indipendente del codice dei propri prodotti, unita a un’analisi approfondita (condotta sempre da terzi) dei processi interni. Il secondo passo, previsto dal 2018 al 2020, sarà costituito dalla creazione di tre “transparency center” fra Asia, Europa e Stati Uniti.
Strutture che serviranno a clienti, enti governativi e altre organizzazioni per “toccare con mano” il codice sorgente delle soluzioni e degli aggiornamenti Kaspersky, oltre che per verificare di persona le regole di identificazione delle minacce integrate nei prodotti del vendor russo. Infine, l’azienda ha deciso di aumentare la ricompensa della propria campagna di bug bounty, portando il premio a 100mila dollari per ogni vulnerabilità individuata nelle proprie principali piattaforme.
“Vogliamo dimostrare la nostra assoluta apertura e trasparenza. Non abbiamo niente da nascondere”, ha spiegato Eugene Kaspersky, fondatore e Ceo della società. Una prova di forza pubblica non indifferente, che forse aiuterà il vendor a fugare i dubbi sulla sua integrità. La nazionalità russa non aveva impedito a Kaspersky di essere uno dei principali fornitori di soluzioni di sicurezza anche negli Stati Uniti, con importanti commesse nel settore governativo.
Ma i report recenti della National Security Agency sulle presunte attività illecite dell’antivirus hanno poi spinto Donald Trump a vietare a tutte le agenzie federali l’utilizzo di questa soluzione. Un danno d’immagine ed economico rilevante per l’azienda, che ora ha deciso di ribattere pubblicamente, sperando che aumentare la trasparenza le consenta di “prevalere sulla sfiducia” del mercato.
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