12/11/2021 di Redazione

Il paradosso dei dati: ne abbiamo troppi e ne vorremmo di più

Una ricerca di Dell e Forrester Consulting evidenzia che il 70% delle aziende italiane fatica a raccogliere e analizzare i propri dati per poi prendere decisioni consapevoli.

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Le aziende vivono nel paradosso dei dati: quelli a disposizione sono tanti, tantissimi, ma mancano persone capaci di analizzarli, interpretarli e trarne valore. Si parla proprio di data paradox nel nuovo studio “Unveiling Data Challenges Afflicting Businesses Around The World”, pubblicato da Dell Technologies e realizzato da Forrester Consulting. Dai questionari compilati da oltre quattromila decisori aziendali (con responsabilità in materia di strategie sui dati e trasformazione digitale) di 45 Paesi è emerso che il 70% delle imprese italiane fatica fatica a raccogliere e analizzare i propri dati per poi prendere decisioni consapevoli o, come si suol dire, data-driven.

Il 40% delle nostre aziende non riesce a ottenere benefici dall’analisi dei dati proprio a causa della mancanza di figure professionali esperte di data science in organico.  Considerando anche competenze tecniche più allargate, quali ad esempio la capacità di gestire sistemi di data-lake, la percentuale delle aziende italiane sfornite sale al 46%. Nel nostro Paese, inoltre, il 45% degli intervistati ha ammesso di non essere riuscito a raggiungere i propri obiettivi di digitalizzazione e solo un piccolo 22% ha introdotto iniziative volte a “democratizzare” il dato all’interno della propria organizzazione. 

Il quadro generale non è molto più roseo, anzi per alcuni indicatori è anche più sfavorevole. Sul totale del campione, negli ultimi tre anni il 66% ha osservato un incremento dei dati prodotti dalla propria azienda, e allo stesso tempo è cresciuta (per il 75%) la richiesta di dati da usare e analizzare. Il paradosso è un po’ questo: le aziende sono sommerse dai dati eppure vorrebbero averne sempre di più. Il 67% dei decisori aziendali raccoglie dati più velocemente di quanto non riesca ad analizzarli e utilizzarli. E negli ultimi tre anni soltanto il 28% dei decisori IT ha impiegato i dati per supportare lo sviluppo di nuovi prodotti o servizi.

 

 

È stata proprio la trasformazione digitale ad accentuare la “sete di dati” delle figure manageriali in azienda, ma abbeverarsi della materia grezza non significa trarre indicazioni utili per il business. Oltre a risultare sprecati, non sfruttati nel loro potenziale, i dati hanno anche aggravato il carico di problemi di sicurezza e di compliance che poggia sulle spalle dei team IT. Si potrebbe uscire dal paradosso, suggerisce lo studio, adottando modelli di data-as-a-service, coerenti con l'approccio di IT “on demand” reso possibile dal cloud computing e dall’outsourcing, e già diffuso in altri ambiti (storage, backup, virtualizzazione, singole applicazioni). Attualmente, però, solo un’azienda su cinque ha già adottato il modello as-a-service per la maggior parte delle proprie applicazioni e risorse infrastrutturali. 

“La ricerca di Dell Technologies commissionata a Forrester Consulting ha evidenziato diverse dinamiche particolarmente rilevanti, nonché una serie di paradossi sul modo in cui le aziende stanno utilizzando i dati in loro possesso”, ha commentato Filippo Ligresti, vice president e general manager di Dell Technologies Italia. “In questo quadro, emerge che molte aziende operano con una percezione non pienamente corrispondente alla realtà. Ci sono aziende che ritengono di essere data-driven, ma poi non massimizzano questi dati come vero capitale aziendale e non danno priorità al loro utilizzo in tutta l’organizzazione. Altre realtà, che dispongono già oggi di una mole di dati maggiore rispetto alla loro capacità di gestione, realizzano che il business richiede un ulteriore set di dati. Infine, molte aziende riconoscono e credono nei vantaggi di un modello operativo as-a-service, ma solo un numero esiguo di esse ha compiuto i passi necessari per integrarlo. È chiaro che le aziende necessitano di una strategia efficace per la gestione dei dati e per affrontare questi paradossi. Questo sarà possibile solo grazie a un approccio integrato, che tenga conto della necessità di finalizzare il proprio percorso di trasformazione digitale”.

 

 

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