Pubblicato il 04 giugno 2021 da Roberto Bonino
Un anno fa muoveva i primi passi il progetto Gaia-X, all’epoca lanciato dai ministri dell’economia francese e tedesco. Fin dalle fondamenta, è apparso chiaro l’intento di favorire la libera circolazione dei dati all’interno dell’Unione Europea, come già accade per le persone, i beni e i capitali. Ma anche di contrastare il dominio dei grandi player del cloud mondiale, come Amazon, Microsoft, Alibaba, Google e Ibm, che assorbono oltre la metà del fatturato globale generato dai servizi su questo fronte.
A distanza di circa dodici mesi da questo evento, oggi il consorzio conta 212 membri, una quarantina dei quali sono italiani. Proprio il nostro Paese è stato di recente teatro di occasioni di confronto e sviluppo, a testimonianza di una fase di snodo cruciale per acquisire un ruolo più attivo nel progetto. Un passaggio fondamentale è stato il varo, avvenuto nei giorni scorsi, dell’hub regionale di Gaia-X, avvenuto su impulso di Confindustria e sotto l’egida dell’attuale Governo, che si è impegnato a sostenere anche economicamente le iniziative che nasceranno: “La digitalizzazione è al centro degli investimenti previsti nell’ambito del Pnrr appena presentato”, ha evidenziato Stefano Firpo, capo gabinetto del Ministero per la trasformazione digitale. “Circa 2 miliardi di euro, in particolare, sono destinati all’evoluzione verso il cloud della Pubblica Amministrazione e Gaia-X dovrà essere un perno di questo sviluppo, fornendo un’arma in più per la negoziazione con gli hyperscaler, ma anche la base per la creazione del Polo strategico per l’Innovazione, che sarà probabilmente pronto a partire a luglio”.
Firpo ha rimarcato anche come l’idea di una Schengen dei dati debba poggiare sui cosiddetti data spaces, strutturati per settori verticali, nei quali le aziende possano condividere un vocabolario comune, con regole semantiche legate a standard di tipo Rdf (Resource description format): “Dietro c’è una strategia di politica industriale non facile, perché occorre far collaborare le aziende sui dati, ma è la strada giusta per le filiere e per competere con i principali blocchi economici globali”, ha sottolineato il rappresentante istituzionale.
Uno slancio che parte dai servizi
Il quadro operativo di Gaia-X appare chiaro e lo ha rimarcato il Ceo dell’associazione, Francesco Bonfiglio: “La pandemia ha accentuato la necessità di disporre di piattaforme digitali costruite sui dati, ma il valore economico costruito in Europa è ancora insoddisfacente. Dai 100 miliardi di euro del 2019, dobbiamo arrivare a 900 miliardi nel 2025. Senza però arricchire aziende fuori dall’Ue e creando la necessaria fiducia, sotto forma di etichettatura, per certificare sempre dove si trovano i dati, oltre ad agevolarne la portabilità”.
Bonfiglio ha ammesso che la vera svolta avverrà quando si creerà una domanda di servizi Gaia-X. Un passo in questa direzione è avvenuto con la messa a punto delle prime specifiche dei cosiddetti Federation Services, che dovranno permettere a fornitori e utenti di connettersi in condizioni di interoperabilità e sicurezza giuridica. In pratica, tutti i servizi Gaia-X saranno collegati a un sistema trasparente e aperto, conforme alle norme europee. A breve, partirà la procedura per generare le offerte, in modo da attirare partner ad hoc, ma per vedere le prime concretizzazioni dovremo verosimilmente attendere la fine dell’anno.
Stefano Firpo (ministero per la Trasformazione Digitale), Francesco Bonfiglio, Ceo di Gaia-X e Michel Paulin, Ceo di OvhCloud
Tra gli enti che stanno mostrando interesse verso il potenziale di Gaia-X troviamo l’Esa, ovvero l’Agenzia spaziale europea, che fra l’altro ha messo a punto il progetto Digital Twin Earth, vera e propria replica digitale dinamica della Terra, in grado di riprodurne i comportamenti: “Sia noi che Gaia-X abbiamo connotazione europea e nei nostri progetti occorre gestire enormi quantità di dati”, ha rilevato Simonetta Cheli, capo delle strategie dell’Agenzia. “La convergenza potrà avvenire sugli standard e sulla sicurezza, visto che dobbiamo fronteggiare attacchi anche sui satelliti e far leva sulla normativa continentale opportunamente stringente”.
Tra progetti promettenti e ambiguità da superare
Nel citato progetto Digital Twin Earth, un ruolo importante viene svolto dal Cineca, polo tecnologico di supercalcolo con sede in Italia, ma con dotazioni tutte di origine continentale. Fra i fornitori, troviamo anche Atos, a propria volta membro di Gaia-X: “Siamo al centro degli sviluppi che stanno portando lì tutta la base dati per le previsioni meteorologiche, a seguito dello spostamento dalla Gran Bretagna come effetto della Brexit”, ha raccontato l’executive vicepresidente e Ceo Giuseppe Di Franco. “Ci lavoreranno 2.500 ricercatori provenienti da tutta Europa e questo è un esempio di come occorra far convergere le competenze sui progetti per far emergere il potenziale di Gaia-X in settori a forte crescita, come quello delle smart city”.
Certo, il disegno di un cloud europeo, fondato sulla fiducia nella tutela dei dati e sulla loro libera circolazione, deve sgombrare il terreno da qualche vincolo e ambiguità che ancora lo circonda. Un tema delicato riguarda la presenza nell’associazione di società americane o cinesi, anche di primo piano, come Google, Oracle o Salesforce: “L’Europa deve poter controllare il proprio destino sui dati”, si è affrettato a puntualizzare Michel Paulin, Ceo di OvhCloud, un altro dei membri di Gaia-X. “Questo però non significa avviare un’iniziativa protezionistica, ma poter esercitare una maggior pressione politica senza essere tagliati fuori dallo strapotere dei grandi player. Il controllo dei dati in Europa vale 500mila posti di lavoro e Gaia-X può essere uno strumento per far uscire i dati dalle prigioni, per quanto dorate, dove si trovano e farli circolare in modo garantito, per farli arrivare dove servono e rassicurare cittadini e imprese sulle modalità di gestione e conservazione”.
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