Investimenti Ict in crescita per un’azienda italiana su due
Uno studio commissionato da Sharp Europe svela che il 49% delle Pmi italiane quest’anno ha incrementato il budget destinato all’Ict. Cloud, data center e cybersicurezza i focus.
Pubblicato il 29 maggio 2023 da Redazione

In un contesto macroeconomico difficile, le aziende europee continuano a scommettere sulla tecnologia, incrementando o almeno confermando gli investimenti Ict da affrontare. E l’Italia non fa eccezione. Così svela uno studio commissionato da Sharp Europe e condotto da Censuswide nel mese di febbraio su panel di 5.770 decision maker e responsabili acquisti dell’area IT, appartenenti a imprese di undici Paesi europei (Italia, Regno Unito, Svezia, Paesi Bassi, Svizzera, Germania, Francia, Spagna, Austria, Polonia, Belgio).
In media, il 45% delle aziende considerate ha stanziato per quest’anno per l’Ict un budget superiore a quello del 2022. Tra le italiane, la percentuale di quelle che spenderanno di più sale al 49%, praticamente una su due. Il 10% delle aziende europee, invece, ridurrà la spesa Ict e il restante 45% la manterrà invariata. In Italia la quota di chi prevede una diminuzione del budget è di appena il 5%.
La tendenza, dunque, in Italia è migliore della media degli undici Paesi, ma al contrario le cifre in gioco sono tendenzialmente inferiori. Dalle risposte emerge che il 56% delle Pmi del campione nel 2023 spenderà in Ict oltre 25.000 euro e meno di 115.000, ma tra le italiane solo il 40% supera questa soglia (la quota arriva invece al 70& in Belgio e Svizzera). Investiranno oltre 115.000 euro il 4% delle aziende del campione e il 4% di quelle italiane.
“Il 2023 è destinato a essere un periodo molto impegnativo per le imprese che vogliono crescere”, ha commentato Colin Blumenthal, vice presidente europeo IT Services di Sharp Europe. “Le Pmi sono preparate ad affrontare ricorrenti periodi di turbolenza e oggi si trovano, ancora una volta, a cercare soluzioni per superare le difficoltà della congiuntura economica, mentre sono prioritarie questioni quali efficienza, sicurezza e la creazione di valore per il business”.
I progetti di migrazione o di incremento dell’adozione del cloud saranno il principale destinatario della spesa per il 30% delle aziende, mentre per un altro 32% (e 36% in Italia) gli investimenti si focalizzeranno sull’aggiornamento o sulla sostituzione dei server in uso, senza modificare la configurazione dell’IT già esistente. Circa il 33% delle aziende (36% in Italia) acquisterà nuovo hardware. L’infrastruttura, insomma, è di gran lunga l’ambito di investimento prioritario, tant’è che solo il 3% degli intervistati (dato allineato tra media europea e Italia) non ha alcun progetto su macchine on-premise o cloud.
(Infografica: Sharp Europe)
La principale sfida da affrontare è invece la cybersicurezza: il 46% delle aziende italiane prevede per quest’anno investimenti finalizzati a migliorare la sicurezza della propria rete informatica, e il dato a livello europeo si attesta al 44%. Altre sfide tecnologiche diffuse sono la qualità della connessione di rete, gli aggiornamenti di sistema, la capacità dei dipendenti di utilizzare i software, gli aggiornamenti dell’hardware e problemi tecnologici legati al lavoro ibrido.
“Gli ultimi due anni”, ha aggiunto Blumenthal, “hanno rimodellato il modo di operare di imprese e dipendenti, mentre le minacce informatiche sono aumentate in modo preoccupante. Il continuo trasferimento di flussi di lavoro, processi e dati al cloud o alle infrastrutture locali sta portando le aziende a creare una “value proposition” a favore di una nuova generazione di lavoratori che sarà la chiave per assumere e trattenere i talenti migliori. Con il crescente carico di informazioni conservato nel cloud pubblico, non ci sorprende che le Pmi ritengono che la sicurezza informatica sia una delle principali sfide tecnologiche da affrontare nei prossimi mesi”.
Ma non ci sono solo le sfide strettamente tecnologiche. Altre difficoltà da affrontare per le aziende europee sono quest’anno l’aumento dei costi delle forniture (citato dal 32% degli intervistati e dal 28% di quelli italiani) e più in generale del costo della vita (32% e 35%, rispettivamente). Altri problemi evidenziati dai manager italiani intervistati sono la difficile gestione della crescita aziendale (31%) e la capacità di attrarre e trattenere i migliori talenti (27%).
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