06/10/2017 di Redazione

Italiani innamorati di Internet, ma uno su due crede alle bufale

Il 75,2% della popolazione italiana naviga in Rete, spesso preferendo lo smartphone. In ascesa Whatsapp, Facebook e Instagram, mentre a circa un utente su due è capitato o capita abitualmente di credere a una fake news.

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Spesso su Internet, a cercare notizie e interazioni social, spesso vittime delle bufale online. Il nuovo e quattordicesimo Rapporto Censis-Ucsi sulla comunicazione racconta di un'Italia sempre più dedita ai consumi digitali, senza troppe differenze tra i gusti e le abitudini online dei giovani e dei non più giovani. Ma anche di un'Italia troppo “credulona”, dominata dalla superficialità e in certi casi dall'analfabetismo funzionale. Secondo lo studio, promosso da Facebook, Mediaset, Rai, Tv2000 e Wind Tre, nella Penisola la crescita degli utenti Internet prosegue, pur avendo fisiologicamente rallentato il ritmo rispetto al boom di qualche anno fa: è solito navigare in Rete il 75,2% degli italiani, l'1,5% in più rispetto al 2016 e il 29,9% in più rispetto a dieci anni fa. Ancor più alta, prossima all'87% (86,9%) è la quota di cittadini in possesso di un telefono cellulare, mentre solo nel 2009 la percentuale era ridotta al 15%. I possessori di smartphone sono invece il 69,6% della popolazione.

 

Cambia e cresce non soltanto il generico utilizzo di Internet, ma l'abitudine a interagire con applicazioni e servizi. Quasi il 40% degli internauti controlla il proprio conto corrente grazie all'home banking, il 37,7% fa acquisti online e il 13,2% utilizza le app dello smartphone, smartwatch e fitness tracker per monitorare e archiviare informazioni sul proprio stile di vita (attività fisica e sportiva, alimentazione, qualità del sonno, eccetera). Non decollano, invece le prenotazioni Web delle visite mediche (eseguite solo dall'8% degli italiani) né i rapporti online con le pubbliche amministrazioni (14,9%).

 

Spopolano, poi, le app di messaggistica, i social network e la fruizione video. Il 65,7% degli italiani usa Whatsapp, il 56,2% si collega a Facebook dal proprio telefono e il 49,6% a YouTube. Instagram in due anni ha più che raddoppiato la propria utenza passando dal 9,8% al 21% di penetrazione, mentre Twitter è rimasto stabile, intorno al 13%. Una delle novità dell'ultimo anno è l'affermazione di servizi di streaming video (usati dall'11,1% della popolazione) o musicale (usati da un italiano su dieci) come Netflix e Spotify. Sia per le piattaforme che mettono a disposizione film e serie televisive, sia per quelle musicali, la penetrazione raddoppia se si considera solo la fascia degli under trenta.

 

 

 

 

In fatto di consumi digitali, quindi, le differenze generazionali ancora hanno un peso ma solo se si tratta di tecnologie o servizi ancora, per così dire, emergenti. Se si parla invece di abitudini ormai consolidate, come l'accesso al Web, il gap generazionale si colma, tant'è che nel rapporto Censis-Ucsi viene usata l'espressione “giovanilizzazione degli adulti”: la penetrazione di Internet è al 90,5% fra i 14-29enni e appena più bassa, 87,8%, tra i 30-44enni. Lo stesso accade per i social network (con l'80,4% e l'86,9% di utenza, rispettivamente), gli smartphone (84,7% versus 89,3%), la Tv via internet (39,5% versus 40,9%) e gli e-book (15,4% versus 15,2%).

 

L'Italia dipinta dal report è ancora un Paese in bilico fra abitudini tradizionali e “2.0”. I telegiornali sono ancora la prima fonte d'informazione (sono seguiti dal 60,6% della popoazione), ma al secondo posto c'è Facebook (35%). Non è lusinghiero scoprire che il 45,3% degli italiani ammette di aver dato credito a fake news circolate in Rete almeno “qualche volta”, mentre al 7,4% è successo spesso: più di una persona su due, insomma, è caduta nel tranello almeno qualche volta.

 

 

 

La percentuale scende di poco (51,9%) tra i più istruiti , mentre sale al 58,8% fra gli under trenta. I giovani, peraltro, sono anche piuttosto confusi sulle ragioni del dilagare delle bufale, dato che un buon 44,6% non le ritiene un problema ma piuttosto pensa che l'allarme sia stato sollevato dalle “vecchie élite” gelose del potere del Web, come quella dei giornalisti (che élite non è più da molto tempo). Più in generale, tuttavia, tre quarti degli italiani considerano le bufale online come un fenomeno pericoloso, creato ad arte per inquinare il dibattito pubblico e fomentatore di populismo.

 

 

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