L’antitrust Ue punzecchia ancora Qualcomm, che intanto cresce
Nel primo trimestre dell’anno fiscale 2020 la società ha superato le attese nei ricavi e negli utili. Intanto la Commissione Europea ha avviato un’indagine preliminare su possibili violazioni della concorrenza.
Pubblicato il 06 febbraio 2020 da Redazione

L’antitrust è l’incubo ricorrente di Qualcomm. Dopo anni di investigazioni condotte dagli enti regolatori di mezzo mondo e multe salate, il produttore di chip californiano è finito ancora una volta sotto la lente della Commissione Europea per questioni riguardanti le proprie pratiche commerciali. Tra i precedenti si ricordano la sanzione dell’antitrust cinese del 2015, di poco inferiore al miliardo di euro di valore e quella dell’anno seguente da oltre 815 milioni di euro inflitta in Corea del Sud, ma anche le due multe dell’antitrust europeo guidato da Margrethe Vestager. La più salata nel 2018, 997 milioni di euro: la colpa di Qualcomm in questo caso è stata quella di aver costretto Apple all’utilizzo esclusivo dei propri chip (vincolati alla cessione delle licenze) a discapito della concorrente Intel. L’anno seguente il bis, con 242 milioni di euro per a scorretta politica di prezzi stracciati a discapito della concorrente Icera.
Ora, secondo quanto riferito da Reuters, la Commissione Europea ha aperto un’indagine per possibile violazione dei principi della libera concorrenza nelle modalità di vendita dei processori Rffe (radio frequency front-end) per la trasmissione 5G. In parole semplici, spiega l’agenzia di stampa, nei contratti di vendita dei modem 5G Qualcomm impone ai propri clienti, produttori di dispositivi mobili, il vincolo di dover acquistare anche componenti Rffe. In questo modo l’azienda condiziona la libera scelta degli Oem, che da un punto di vista puramente tecnico potrebbero tranquillamente comprare i modem e i chip Rffe da fornitori differenti, e che invece si trovano vincolati ad acquistare tutto da Qualcomm.
La stessa società ha fatto sapere di aver cominciato a collaborare dallo scorso dicembre con chi sta portando avanti l’investigazione, rispondendo alle interrogazioni e alle richieste di informazioni. Un portavoce della Commissione Europea ha confermato la notizia, precisando che si tratta per ora di un’indagine preliminare, non necessariamente destinata a sfociare in qualche ulteriore richiesta o sanzione.
Per Qualcomm, in ogni caso, in questo momento non ci sono solo dolori. Nel primo trimestre dell’anno fiscale in corso di cui l’azienda ha appena pubblicato i risultati, i ricavi hanno raggiunto i 5,05 miliardi di dollari, segnando un incremento del 5% anno su anno e superando abbondantemente le previsioni degli analisti (4,83 miliardi di dollari). Sugli utili per azione non-Gaap, invece, c’è stato un decremento anno su anno del 18%, ma il valore di 99 centesimi di dollaro ha comunque superato gli 85 centesimi pronosticati.
A detta dell’amministratore delegato, Steve Mollenkopf, hanno contribuito a questi risultati anche i chip Rffe, quelli al centro della nuova indagine antitrust. Nello specifico, Qualcomm sta puntando sui nuovi prodotti progettati per supportare il 5G su frequenze sub-6 e onde millimetriche. “La nostra buona performance nel primo trimestre riflette il punto di svolta in cui ci troviamo, avendo cominciato a concretizzare i benefici del lancio del 5G”, ha dichiarato Mollenkopf.
Per quanto riguarda i processori per smartphone, la gamma continua a espandersi attraverso nuovi lanci, ultimi i tre Snapdragon 720G, 662 e 460, destinati a terminali di fascia media. Per il secondo trimestre dell’anno fiscale 2020 Qualcomm stima di ottenere ricavi compresi tra 4,9 e 5,7 miliardi di dollari.
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