L’automazione alla base dello sviluppo rapido di applicazioni
Nella declinazione europea del proprio evento per clienti e partner, Appian ha puntato sull’integrazione del business nel ciclo di sviluppo, per rafforzare la propria immagine di azienda partner dei processi di trasformazione digitale e culturale. Il punto sull’Italia con la country manager Silvia Fossati.
Pubblicato il 30 ottobre 2020 da Roberto Bonino

Forse siamo ancora troppo immersi nell’incertezza per poter valutare con raziocinio qual effetti di lungo termine scaturiranno dalla cosiddetta “nuova normalità” che il Covid-19 ha imposto al modo di lavorare delle aziende, ma possiamo dare per assodato che molti tool e applicazioni standard, come li conosciamo oggi, avranno un ruolo e un peso ben diversi una volta usciti dalla lunga fase emergenziale oggi dominante.
Alla luce di questo assunto, Matt Calkins, Ceo e fondatore di Appian, ha utilizzato il palcoscenico (virtuale) dell’annuale evento europeo per enfatizzare come uno dei cambiamenti imposti dalla pandemia riguardi il ritmo dei cambiamenti oggi richiesti: “In questo 2020, è apparso chiaro quanto servano tecnologie che consentano di costruire rapidamente le applicazioni che servono a salvare il business e le relazioni con clienti e personale interno. Occorre avere il coraggio di fare scelte best-of-breed verso strumenti effettivamente utili per ogni attività e non rifugiarsi nei silos proposti come soluzioni dai grandi player”.
Nella visione di Calkins, perché tutto funzioni in modo veloce e affidabile, occorre costruire un equilibrato mix di ingredienti per lo sviluppo, fatto di intelligenza artificiale e aumentata, Rpa (Robotic process automation), gestione dei workflow e componente umana. L’approccio best-of-breed non è nuovo, ma in passato ha funzionato poco per l’incapacità di superare l’ostacolo dell’integrazione. Per questo le suite applicative pre-pacchettizzate hanno funzionato tanto bene. Ma ora Appian si propone di andare oltre: “Abbiamo la prima e unica piattaforma aperta. CI sono i nostri workflow e la nostra Rpa e Google AI da utilizzare subito, ma se serve integrare tecnologia di altri player, siano essi UiPath e Automation Anywhere per la Rpa o Microsoft e Amazon per l’intelligenza artificiale, siamo in grado di fare in modo che tutto funzioni al meglio”, ha aggiunto Calkins.
Il Ceo, Matt Calkins, durante Appian Europe 2020 in formato virtuale
Un partner per il cambiamento culturale
In sostanza, l’ambizione vera di Appian, in questa era di nuova normalità che si va delineando, è proporsi non più semplicemente come piattaforma per lo sviluppo rapido di applicazioni, ma come partner di riferimento nei processi di trasformazione digitale. Per supportare questo obiettivo, sono state chiamate a testimoniare aziende che hanno intrapreso proprio la via indicata dal vendor. Alcune sono italiane, come Iccrea, che ha ricostruito daccapo tredici applicazioni core in un solo anno oppure Poste Italiane, che secondo il responsabile della trasformazione digitale Luca Verducci, ha utilizzato Appian “per abilitare un cambiamento prima ancora culturale che tecnologico, ribaltando una situazione precedentemente molto frammentata e portando a oggi 1.500 persone a lavorare tutte nello stesso modo”.
Se di cambiamento culturale occorre parlare, questo riguarda prima di tutto proprio le strutture It delle aziende: “Non è un caso se, in molte realtà italiane, le figure dell’innovazione non fanno parte integrante di una componente che finisce per dedicare la maggior parte del tempo alla gestione dell’ordinario”, conferma Silvia Fossati, managing director di Appian Italia e area vice president per il Sud Europa. “La nostra value proposition parte dalla drastica riduzione del Tco, con l’automazione di attività legate per esempio agli aggiornamenti o alla gestione ibrida, per liberare risorse da dedicare all’innovazione, ma a questo occorre abbinare formazione e cultura interna, com’è già successo negli ultimi anni con l’affermazione del cloud”.
Un settore sul quale l’azienda sta concentrando molto l’attenzione è quello finanziario. Non a caso, la novità più recente si chiama Connected Claims, una suite di moduli integrati per le aziende assicurative, che offre una visibilità completa e in tempo reale sul ciclo di vita dei sinistri: “Il mondo dei servizi finanziari è quello che ha maggior necessità di automazione”, commenta Fossati. “Anche in Italia, i processi di digitalizzazione richiedono velocità ed è per questo che riteniamo di avere l’approccio più corretto per supportare queste realtà nell’attuale periodo storico”.
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