L’Europa si allea con gli Usa (e con Alphabet) per un patto sull’AI
La Commissione Europea vuole collaborare con le aziende statunitensi per definire gli standard tecnici e di sicurezza e un “patto sull’intelligenza artificiale”, in attesa dell’AI Act.
Pubblicato il 25 maggio 2023 da Valentina Bernocco

L’esigenza di regole condivise sull’intelligenza artificiale si fa sempre più urgente. L’Europa lavora da due anni sul testo dell’AI Act, e i rapidi e sorprendenti sviluppi tecnologici degli ultimi mesi (con il boom di ChatGPT, la sua integrazione nei prodotti e servizi di Microsoft, la parallela corsa di Google con il suo Bard) dimostrano che è ora di accelerare l’iter di approvazione. Ma ci sono dei tempi tecnici da superare prima che il testo, ora all’esame del trilogo, entri in vigore negli Stati membri dell’Unione Europea.
L’AI Act “richiederà uno se non due anni prima di entrare in funzione, e questo significa che abbiamo bisogno di qualcos'altro per coprire questo lasso di tempo”, ha dichiarato la commissaria europea per la concorrenza e vicepresidente di Europe fit for the Digital Age, Margrethe Vestager. Dunque la Commissione Europea vuole agire anche su altri fronti, collaborando con gli Stati Uniti per definire alcuni standard minimi di sicurezza prima che l’AI Act entri in vigore.
Un "patto sull'AI", con l'aiuto di Google
Per quanto spesso combattiva nei confronti delle Big Tech (molte volte giudicate colpevoli e sanzionate per violazioni di privacy o antitrust), la Commissione Europea sa riconoscere che i grandi colossi tecnologici statunitensi sono una risorsa a cui doversi appoggiare. Per questo Thierry Breton, commissario europeo per il Mercato interno e i servizi, ha incontrato a Bruxelles l’amministratore delegato di Alphabet e di Google, Sundar Pichai.
“Sundar e io”, ha dichiarato Breton, “concordiamo sul fatto che non possiamo permetterci di aspettare che le regole sull’AI diventino concretamente applicabili, e che dobbiamo lavorare insieme con tutti gli sviluppatori di AI per definire un patto sull’intelligenza artificiale, su base volontaria, prima della deadline legislativa”.
Sundar Pichai, Ceo di Alphabet e di Google
“Abbiamo bisogno dell’AI Act il prima possibile”, ha rimarcato Vestager in un tweet. “Ma la tecnologia di AI evolve con incredibile rapidità. Quindi abbiamo bisogno, adesso, di un accordo volontario sulle regole universali dell’AI”. La commissaria Ue ha anche fatto sapere che l’AI sarà generativa anche al centro delle discussioni nel prossimo incontro ministeriale previsto il 30 e 31 maggio in Svezia, al Trade and Technology Council.
Nel frattempo, la settimana scorsa durante il vertice G7 di Hiroshima i primi ministri di Giappone, Stati Uniti, Canada, Francia, Germania, Italia e Regno Unito, insieme alla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e al presidente del Consiglio Europeo Charles Michel hanno concordato sull’esigenza di definire degli standard tecnici per una intelligenza artificiale “degna di fiducia”, governabile e trasparente.
La posizione di OpenAI
In questi mesi la rappresentante più illustre e apripista dell’AI generativa è stata sicuramente OpenAI, società di San Francisco salita alla ribalta grazie a ChatGPT (o meglio ai large language model sottostanti all’applicazione chatbot). Recentemente il suo presidente e fondatore, Greg Brockman, si è espresso a favore della definizione di regole e meccanismi di controllo sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale.
In settimana Sam Altman, l’amministratore delegato di OpenAI, in visita a Londra ha detto che la sua azienda cercherà di adeguarsi alle regole tracciate dall’AI Act. Ma se questo dovesse risultare difficile, perché le regole sono troppo restrittive, OpenAI potrebbe ritirarsi dal mercato europeo. Nell’attuale versione della proposta legislativa è previsto, per esempio, che le aziende sviluppatrici siano tenute a dichiarare quali contenuti protetti da copyright vengano usati per l’allenamento degli algoritmi. “L’attuale bozza dell’AI Act dell’Unione Europea sarebbe un eccesso di regolamentazione”, ha dichiarato Altman a Reuters, “ma ci è stato detto che ci sarà un passo indietro. Ne stanno ancora discutendo”.
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