L’intelligenza artificiale unisce Google, Ibm, Facebook e Microsoft
Le quattro aziende annunciano la creazione di un’organizzazione non-profit, la Partnership on Artificial Intelligence to Benefit People and Society (Partnership on AI). L’intento è quello di realizzare studi e best practice, con il fine ultimo di massimizzare i vantaggi delle tecnologie di machine learning per tutta l’umanità.
Pubblicato il 29 settembre 2016 da Redazione

Che cos’hanno in comune Google, Facebook, Microsoft e Ibm, oltre alla definizione di colosso tecnologico? Di certo, sono uniti da un forte interesse per l’intelligenza artificiale: software, sistemi hardware, algoritmi di apprendimento automatico, app di riconoscimento vocale o di traduzione simultanea, servizi di analisi dei dati, attività di ricerca e sviluppo nel campo del computing cognitivo, e poi investimenti a molti zeri e – soprattutto – numerose acquisizioni di società più piccolo e specializzate, spesso e volentieri startup. Questo, semplificando di molto, è lo scenario di fondo, in cui certo anche altre grandi aziende dell’informatica – come Apple – stanno mettendo in campo sforzi e risorse. I quattro giganti dell’It citati sopra sono, però, accomunati da un ulteriore elemento: l’impegno a creare insieme una “organizzazione non-profit che lavorerà per far progredire la comprensione comune dell’intelligenza artificiale, e formulerà best practice sulle sfide e opportunità di quest’ambito”.
L’organizzazione, chiamata Partnership on Artificial Intelligence to Benefit People and Society (Partnership on AI), accoglierà nel board una pari rappresentanza di membri delle quattro aziende fondatrici e di persone provenientei dall’esterno, come accademici, ricercatori, esperti del mondo no-profit, di policy e di etica. Mettendo insieme tutti questi “cervelli” (è il caso di dirlo), si lavorerà per condurre ricerche, definire best practice e rendere pubblici studi su temi non strettamente tecnologici, ma legati all’intelligenza delle machine: questioni etiche, di trasparenza, di privacy dei dati.
Sul fronte tecnologico, la Partnership on AI cercherà di promuovere la collaborazione fra vendor e dunque l’interoperabilità delle soluzioni. Nessuna pressione, invece, su gruppi di potere e politici. Quel che conta, almeno nelle dichiarazioni programmatici, è agire per il bene collettivo. “Le tecnologie di intelligenza artificiale”, spiega un comunicato stampa di Ibm, “hanno un enorme potenziale di migliorare molti aspetti della vita, dalla santità alla scuola, passando per la manifattura, l’automazione delle case e i trasporti”. Le quattro aziende, dunque, faranno in modo da “massimizzare questo potenziale e garantire ne beneficino il maggior numero possibile per di persone”.
Illuminismo a parte, le tecnologie di cui si parla sono anche una grande opportunità di business. Lo sa molto bene Ibm, che con Watson ha creato non solo un sistema di supercalcolo basato su computing cognitivo e sull’analisi del linguaggio naturale, ma anche numerosi servizi cloud dedicati agli sviluppatori e ai clienti finali. L’apprendimento automatico è anche il cuore di moltissime delle attività di Google, a partire dai servizi di ricerca Web, di catalogazione delle immagini, di traduzione (Google Translate), per arrivare alla libreria software open source Tensorflow e a più recenti novità dell’offerta cloud per sviluppatori e data scientist.
La capacità di apprendere dagli errori e automigliorarsi è anche l’ingrediente che ha permesso a Microsoft di aggiungere sorprendenti strumenti di traduzione simultaneal all’interno di Skype. Proprio in questi giorni da Atlanta, dove si è svolto l’evento Microsoft Ignite, l’amministratore delegato Satya Nadella ha lanciato la promessa di voler portare l’intelligenza artificiale in tutti i prodotti e servizi della sua azienda, cominciando gradualmente con l’introduzione di nuove funzionalità (sostanzialmente di analytics, più che di machine learning) negli applicative di Office 365 e nel Crm di Dynamics 365. Quanto a Facebook, è forse quasi superfluo accennare ai tanti scopi cui si presta il machine learning all’interno della piattaforma social: dalla pubblicazione degli annunci pubblicitari alle visualizzazioni della Timeline, passando per l’analisi dei dati non strutturati e il riconoscimento automatico dei volti sulle fotografie.
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