02/07/2016 di Redazione

La plastica degli smartphone è “green” con la ricerca di Ibm

Gli esperti dei laboratori di Almaden (California) di Big Blue hanno scoperto un nuovo processo chimico in grado di convertire i policarbonati (utilizzati in cellulari e Cd) in materiali sicuri per la depurazione dell’acqua, la fibra ottica e le apparecch

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Il problema del riciclaggio dei materiali è sempre più sentito ed è fondamentale nel campo dell’elettronica. Solo per fare un esempio, nel 2015 in Italia sono state raccolte 41mila tonnellate di rifiuti generati da dispositivi come televisori, dispositivi mobili, grandi e piccoli elettrodomestici e altro ancora. I ricercatori di Ibm hanno però annunciato un rilevante passo avanti in fase di riciclo del policarbonato, un polimero termoplastico utilizzato per creare articoli di uso quotidiano come Cd, biberon, lenti per occhiali e anche smartphone. Nel tempo, infatti, questi materiali si decompongono e rilasciano bisfenolo A (Bpa), una sostanza chimica che, nel 2008, ha per esempio costretto i rivenditori a ritirare i biberon di plastica dagli scaffali dei negozi a causa dei timori per i potenziali effetti sul cervello e su altri organi.

I ricercatori dei laboratori di Big Blue di stanza ad Almaden, California, hanno scoperto un nuovo processo chimico monofase in grado di convertire i policarbonati in plastica sicura per la depurazione dell’acqua, la fibra ottica e le apparecchiature mediche. Gli esperti hanno infatti aggiunto ai vecchi Cd un reagente a base di fluoruro, una base (simile a lievito artificiale) e calore per produrre una nuova plastica con temperatura e resistenza chimica superiori a quelle della sostanza originaria.

Quando la polvere viene ricostruita in nuove forme, la sua forza previene il processo di decomposizione che causa la lisciviazione (separazione di uno o più componenti solubili da una massa solida tramite solvente) di bisfenolo A, tossico. Per giungere alla soluzione, i ricercatori hanno utilizzato una combinazione di modellazione predittiva e classico lavoro di laboratorio sperimentale.

Sfruttando la conoscenza esistente contenuta nei database scientifici mondiali e accelerando i calcoli utilizzati in questi tipi di esperimenti, strumenti cognitivi basati su “cervelli” digitali potrebbero aiutare a individuare modelli e ad accelerare i processi che portano a nuove scoperte. Tra questi, ovviamente, risulta anche Ibm Watson Discovery, sistema già oggi in grado di assistere i ricercatori farmacologici nella scoperta di potenziali molecole.

 

 

“Oltre a impedirle di raggiungere le discariche, ricicliamo la sostanza in un nuovo tipo di plastica sufficientemente sicura e resistente per la depurazione dell’acqua e la produzione di apparecchiature mediche”, ha commentato la dottoressa Jeanette Garcia, membro dello staff di ricerca di Ibm Research Almaden. I risultati a cui è giunto il teamd i Big Blue sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas) of the United States of America.

 

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