03/12/2015 di Redazione

Lavoro agile, agli italiani piace: ma rimangono ancora dei dubbi

Per i due terzi del tempo i dipendenti delle aziende del nostro Paese svolgono mansioni al di fuori dell’ufficio primario e il 70% apprezza la flessibilità. Lo rivela uno studio di Citrix. Lo smart working si sta facendo strada anche nella Penisola, pur t

immagine.jpg

Ha suscitato aspre polemiche, soprattutto all’interno delle categorie sindacali, la recente dichiarazione del ministro del Lavoro Giuliano Poletti in merito alla correlazione “ora-lavoro” e al fatto di misurare quanto si produce in base soltanto al tempo passato in azienda. “È un attrezzo vecchio”, ha sottolineato Poletti, in particolar modo se confrontato con le innovazioni tecnologiche più recenti. In effetti, e le cronache lo dimostrano, lo smart working e la mobilità dei dipendenti sono temi davvero caldi, che stanno attraendo sempre più gli analisti, gli stessi imprenditori e anche il legislatore (con il disegno di legge sul lavoro agile inserito nella prossima finanziaria). Sembra quindi che, anche nel nostro Paese, qualcosa si stia muovendo. Secondo i numeri raccolti ed elaborati su un campione di seicento smart worker da Ales Market Research per conto di Citrix Italia, la Penisola sarebbe pronta finalmente a cambiare marcia sull’agilità. Già oggi, infatti, i lavoratori svolgerebbero le loro mansioni lontano dall’ufficio primario per i due terzi del tempo.

Lo smart working piace al 70% degli intervistati e, cosa davvero importante, le persone coinvolte nella survey sarebbero disposte addirittura a lavorare fino a cinque ore in più alla settimana pur di ottenere un ritorno in flessibilità. Ed è questa la parola chiave quando si parla di agilità, che racchiude la possibilità di gestire con maggiore autonomia la vita privata e quella lavorativa che, ormai, spesso coincidono.

Per il 68% del campione lo smart working rappresenta la possibilità di ottenere orari migliori, il 65% apprezza il fatto di poter risparmiare il tempo di viaggio e il 64% è convinto di poter migliorare, grazie a questa formula, la propria produttività. I benefici del lavoro “intelligente”, però, non si limitano a questo. Il 54% ritiene infatti che i soft skill di flessibilità e di orientamento agli obiettivi permettano di arricchire il proprio curriculum e di facilitare la ricerca di un nuovo lavoro, mentre il 46% pensa che la propria organizzazione dovrebbe investire di più nello smart working. Così come il 53% ritiene che l’interazione con l’ufficio debba essere migliorata e resa più veloce.

 

 

Ma i benefici non sono soltanto appannaggio dei dipendenti. Gli intervistati, infatti, credono che anche l’azienda possa trarre vantaggi in termini di competitività: per il 59% delle persone coinvolte nel sondaggio di Citrix è possibile aumentare la produttività, per il 52% di loro invece il lavoro smart porta a una riduzione dei costi fissi, per il 45% a una cultura aziendale più flessibile e, infine, per il 42% offre un maggior livello di soddisfazione per i dipendenti.

Ma, come tutti i fenomeni nuovi, serpeggia ancora una certa quota di dubbio pure tra i sostenitori più accaniti dello smart working. La preoccupazione primaria è rappresentata da un eccessivo sconfinamento del lavoro nella vita privata, con il 71% degli intervistati che ritiene fondamentale separare sempre i due aspetti. Il 38% ha poi paura di essere sempre raggiungibile e il 33% di perdere la dimensione sociale dell’impiego a causa di una minore interazione con i colleghi.

E il mondo imprenditoriale come si sta comportando nello specifico? Secondo l’80% degli intervistati, all’interno della propria azienda il lavoro mobile è sostenuto, anche se uno su due afferma che ciò avviene più per iniziativa personale dei dipendenti che per una politica precisa e codificata dai dirigenti.

 

 

 

Il lavoro agile deve passare dall’utilizzo sicuro della tecnologia

Adottare politiche di smart working significa per forza di cose affidarsi in maniera significativa alla tecnologia. Le imprese con dipendenti “agili” li supportano in modi diversi: il 37% degli intervistati è in grado di accedere ai dati e alle applicazioni che si usano abitualmente da più dispositivi, mentre uno su tre usufruisce di procedure di autenticazione semplificate. La disponibilità di informazioni e applicazioni professionali viene garantito con continuità nelle ore notturne e nei fine settimana solo al 25% del campione e il 16% ha a disposizione uno store con cui accedere a tutte le app necessarie.

La diffusione dei dati aziendali sul parco mobile apre ovviamente una serie di questioni legate alla sicurezza, che rimane uno dei temi principali su cui un’impresa dovrebbe intervenire (con policy e strumenti adeguati) per garantire un’esperienza smart efficace. Secondo la ricerca di Citrix, l’individuazione di un responsabile per la sicurezza porta a diverse risposte: il 37% degli intervistati afferma di essere personalmente responsabile, il 24% attribuisce la responsabilità al dipartimento It aziendale, il 18% pensa sia condivisa mentre e uno su cinque, invece, non sa rispondere.

 

 

La questione sicurezza diventa cruciale soprattutto nel caso del Byod. L’utilizzo di applicazioni professionali su dispositivi personali è consentito intorno al 90% dei casi: un’ulteriore conferma di come questo fenomeno abbia ormai preso piede praticamente in tutte le realtà aziendali. Sei lavoratori smart su dieci dispongono di applicazioni Office o equivalenti, il 48% di software di comunicazione con i colleghi (instant messaging), di condivisione file o di piattaforme social e il 31% può utilizzare applicazioni personalizzate dall’azienda.

La situazione si complica in caso di applicativi “di alto livello”, più specifici, come gli Erp personalizzati per mercati definiti. Infine, a livello di dispositivi utilizzati, i più comuni sono Pc e smartphone (rispettivamente il 58% e il 57% del campione dichiara di sfruttarli), seguiti poi dai laptop (34%) e dai tablet (32%).

 

ARTICOLI CORRELATI