Lavoro ibrido, l’automazione salva l’esperienza ma anche la sicurezza
Con la piattaforme Neurons, Ivanti propone una tecnologia che garantisce visibilità e correzione dei rischi in ambienti IT senza confini, ma anche tutela la user experience.
Pubblicato il 28 marzo 2022 da Valentina Bernocco

Il dibattito sul lavoro ibrido è tutt’altro che estinto. Il modello “misto”, in cui associano la presenza in sede e lo smart working, si sta imponendo anche in Italia e oggi ha le connotazioni di una scelta, più che di una necessità dettata dall’ancora problematico scenario del covid. Ma ha senso discutere ancora di lavoro ibrido perché dal punto di vista tecnologico e organizzativo la trasformazione è ancora in corso e molte sfide - complessità, cybersicurezza, formazione di competenze - preoccupano le aziende. Una ricerca commissionata da Ivanti e condotta su oltre seimila professionisti (1.609 addetti dell’IT e 4.510 altre figure, di aziende ubicate in Regno Unito, Stati Uniti, Francia, Germania, Paesi Bassi, Bruxelles, Spagna, Svezia e Australia) ha evidenziato che un ritorno al lavoro in presenza full time non è più possibile.
Il 71% degli intervistati si è dimostrato molto attaccato alla libertà e flessibilità conquistata in questi due anni, al punto da affermare che rinuncerebbe a un aumento in busta paga pur di poter continuare a lavorare (anche) da casa. Il 48% apprezza soprattutto il tempo risparmiato evitando gli spostamenti, il 43% ha citato il migliore equilibrio tra vita privata e professionale e un’analoga percentuale gradisce il fatto di avere un orario di lavoro più flessibile. C’è addirittura chi, il 22%, è diventato un cosiddetto “nomade digitale”, cioè un professionista che si sposta tra più residenze e che svolge il proprio lavoro indipendentemente da qualsiasi collocazione geografica, equipaggiato di computer e connessione veloce. Un ulteriore 13% sta valutando di abbracciare questo cambiamento di stile di vita.
La quota maggiore, 42%, è comunque quella di coloro che vorrebbero proseguire con la modalità ibrida, alternando lavoro da casa e in sede. Ancora sostanziosa, 30%, la percentuale di chi preferirebbe operare soltanto da casa, in netto calo rispetto al 50% emerso da un precedente studio di Ivanti. Dunque sembra essersi risvegliata la voglia di società, di scambio diretto con i colleghi, di dialogo faccia a faccia, ma senza la rigidità dei cinque giorni a settimana in ufficio.
Inoltre il lavoro remoto, come si diceva, è ancora tappezzato di problemi. I dipendenti risentono negativamente della scarsa interazione con i colleghi (51%), della mancanza di collaborazione e comunicazione (28%), del rischio di maggiori distrazioni nell’ambiente domestico, magari rumoroso, che rende difficile la concentrazione e le riunioni online (27%). Va sottolineato, inoltre, che sono soprattutto le donne ad aver patito la condizione di lavoro remoto, probabilmente per il carico di responsabilità di gestione familiare e domestica che ha gravato sulle loro spalle negli ultimi due anni. Il 70% delle donne intervistate ha detto di aver sperimentato effetti negativi del lavoro a distanza, mentre tra gli uomini la quota degli scontenti è del 30%.
“Evidentemente la pandemia ha scosso alle fondamenta il mondo del lavoro, e Ivanti ha avuto bisogno di capire questo cambiamento per potere meglio aiutare i propri clienti”, ha dichiarato Marco Cellamare, regional sales director dell’area mediterranea. “La nostra offerta è apprezzata dal mercato perché è in grado di supportare i clienti in questa fase delicata di cambiamento. Nulla tornerà come prima del covid”.
Marco Cellamare, regional sales director dell’area mediterranea (a sinistra) e Marco Mozzi, Exm sales specialist per l’area mediterranea di Ivanti
Esperienza utente e cybersicurezza devono convivere
Cellamare ha sottolineato in particolare tre aspetti emersi dalla ricerca. Innanzitutto, l’importanza primaria dell'esperienza e del benessere dei dipendenti, di cui le aziende devono farsi carico (pena, in certi casi, la fuga del dipendente verso altri lidi). Secondariamente, la necessità di avere un maggior controllo sugli investimenti IT, i quali dovrebbero essere dirottati verso tecnologie che supportano il modello del lavoro ubiquo (o everywhere workspace, come lo chiama Ivanti). In terzo luogo, se ancora ce ne fosse bisogno, da questa ricerca è emersa la necessità di una cybersicurezza diversa, efficace in ambienti IT disaggregati e ormai privi di un perimetro.
Con la propria piattaforma, Neurons, Ivanti affronta il complesso tema dell’automazione o meglio della “iperautomazione”, come la chiama l’azienda. Neurons compie un passo ulteriore rispetto alle classiche tecnologie di automazione perché impiega l’intelligenza artificiale (da cui il riferimento ai neuroni nel nome della piattaforma) per consentire la diagnosi e anche l’autoriparazione dei problemi presenti in tutti i dispositivi connessi a una rete, “dall’edge al cloud”, come si suol dire oggi.
Neurons include anche capacità di raccolta dati, per dare visibilità completa sugli ambienti IT non centralizzati, ed è declinata su soluzioni verticali (per settori come quello sanitario o quello industriale 4.0) e specifiche per funzioni aziendali (risorse umane, IT, sviluppo software, responsabili di progetto, e via dicendo). “Con la nostra piattaforma abbiamo la possibilità di avere un controllo in tempo reale sull’infrastruttura e di intervenire in modo automatico per risolvere il problema e attivare le procedure di sicurezza necessarie”, ha spiegato Marco Mozzi, Exm sales specialist per l’area mediterranea di Ivanti. “Si vanno così a ottimizzare le logiche di intervento dell’IT, con un notevole risparmio di tempo”.
La strategia di Ivanti
“Vogliamo offrire agli utenti un ambiente di lavoro monitorato, sicuro, che abbia garanzie di continuità di servizio e che gli permetta di impiegare gli strumenti che desidera”, ha proseguito Mozzi. “Le persone vogliono lavorare in modo molto più flessibile, ma è obbligatorio per le aziende riadattare la modalità con cui i servizi tecnologici e di business vengono erogati”.
Ivanti conta attualmente più di 45mila clienti e circa 200 milioni di dispositivi gestiti. Nel 2021 ha sviluppato un fatturato di 1,2 miliardi di dollari a livello globale, registrando in particolare una significativa crescita, del 20%, delle vendite nell’area mediterranea. Qui, in seguito all’acquisizione di MobileIron (società specializzata in gestione degli endpoint, acquisita da Ivanti a fine 2020), l’ecosistema di canale si è allargato e include attualmente sei distributori (in Italia, Wescon, Arrow e Computer Gross) e un centinaio di partner certificati.
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