09/05/2012 di Redazione

Microsoft, Google e la battaglia nella nuvola

I due giganti del Web promuovono una visione di vita digitale (e non) sempre più legata alla necessità di essere connessi. Musica, domotica, attività lavorativa: tutto transiterà nel cloud. Da Mountain View arriva il nuovo guanto di sfida, un dispositivo

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Un tempo si parlava di convergenza multimediale, ipotizzando un’ibridazione fra device digitali poi in gran parte realizzatasi. Ma oggi a questo termine – convergenza – sembra legarsi un’evoluzione di portata immensamente più ampia, che vede al centro un elemento di congiunzione: Internet. E non solo i dispositivi fisici, né soltanto i mondi immateriali racchiusi nei file digitali sembrano destinati a convergere sempre più l’uno verso l’altro, ma anche le vite offline di milioni di consumatori-utenti.



È chiaro anche ai non addetti ai lavori come il cloud stia inglobando parti sempre più grandi della quotidianità di chi utilizza le tecnologie, per svago o necessità lavorative. Ed è noto ai più come due giganti del Web come Google e Microsoft sembrano intenzionati a far fruttare le immense capacità, ancora non del tutto sfruttate, de
l fare computing nella nuvola.

La compagnia di Mountain View, non paga dei servizi gratuiti e premium della sua sterminata galassia né del recente varo negli Stati Uniti di un social network per la condivisione di musica, sta lavorando da tempo allo sviluppo di un nuovo “home entertainment device” (non la Google Tv quindi) che porterà nei salotti contenuti multimediali attinti direttamente dal Web,  video in streaming
inclusi.

Della questione ne ha parlato il New York Times, riportando indiscrezioni interne alla multinazionale californiana e ipotizzando ragionevolmente un ruolo attivo nel progetto di Motorola (la cui divisione mobility è stata acquisita da Google la scorsa estate), e specificatamente nella produzione dell’hardware. Secondo la fonte, rimasta anonima, il dispositivo è in fase di progettazione da oltre un anno, mentre i portavoce ufficiali di Google non hanno né confermato, né smentito i rumors. E quindi qualcosa che bolle in pentola c'è.

A dare consistenza ai rumors c’è inoltre un documento inoltrato alla Federal Communications Commission, in cui l’azienda dichiara di voler testare un “entertainment device” che “si connetterà ad altri dispositivi elettronici” via Bluetooth e WiFi. La fase di test inizierà in estate, e vedrà nel ruolo di “cavie” le abitazioni di alcuni dipendenti di Google. L’obiettivo ultimo della compagnia di Larry Page, secondo l’analisi del New York Times, non sarebbe il semplice intrattenimento, ma il controllo di tutta la tecnologia inserita nell’ambiente domestico, inclusi televisori, impianti stereo e addirittura lampadine.

Quanto alla convergenza – una parola chiave che ritorna – fra entertainment domestico e home automation, non si può dire che Microsoft sia rimasta con le mani in mano. Recentemente in Italia è stata presentata Next, una soluzione gestibile da terminali Windows 8 o Windows Phone (Pc, smartphone e tablet) che permette di monitorare e controllare  climatizzazione, impianto antifurto e consumi energetici, ma anche di riprodurre musica e film su televisori e sistemi home theatre dotati di connettività Internet.

Microsoft, inoltre, e ne ha parlato nel suo blog il direttore della comunicazione corporate del colosso di Redmond Frank Shaw, ha tratteggiato
la scorsa estate un possibile scenario in cui la console Xbox, la tecnologia Kinect e i servizi di ricerca di Bing (in predicato di essere acquisito da Facebook) permetteranno un’interazione vocale e gestuale con i televisori e altri device domestici. Qualcosa di ben più avanzato dell'attuale streaming musicale.



Quella che si profila, sia nella visione di Microsoft che in quella di Google, è un’idea di vita “connessa” che copre diverse sfere del quotidiano. Un’idea che ingloba intrattenimento e domotica (un tempo concepita come un lusso per pochi), consumi digitali e consumi energetici, abitudini accomunate dall’essere in qualche modo dipendenti da Internet. Ed è a questa dipendenza che, innanzitutto, si lega una potenziale preoccupazione.

Se già oggi, con un cloud ancora principalmente pensato per l’archiviazione e la condivisione di contenuti, c’è chi preferisce affidarsi a metodi “tradizionali” come lo storage su dischi fissi e chiavette, viene spontaneo chiedersi cosa succederà domani, quando alla nuvola potranno essere affidati molto più che ricordi personali, musica o documenti di lavoro.

Se davvero il cloud diventerà la centralina digitale che eroga energia e contenuti a diverse sfere della nostra esistenza, personale e professionale, allora la reperibilità e l'affidabilità della connessione Internet diventerà una variabile cruciale della qualità di vita. Rimanere offline comporterà non solo la scocciatura di non poter chattare su Facebook o l’inconveniente di non poter controllare le email di lavoro, ma significherà restare momentaneamente “tagliati fuori” da intere parti della normale quotidianità.

L’altra possibile perplessità deriva dall’annosa questione della privacy. L’invadenza del Web nei confronti di informazioni, idee e abitudini degli utenti è ormai diventata, per così dire, trasparente. Quasi un dato scontato. Chi opera nel Web, e a maggior ragione due giganti come Google e Microsoft, da oltre quindici anni accumula un capitale di conoscenza enorme analizzando abitudini di navigazione, ricerche sui motori e attività di shopping online.

In futuro però, ci si potrà spingere ben oltre: se dal cloud transiterà il controllo dell’illuminazione domestica, chi gestisce la nuvola potrà,
per esempio, anche mappare gli stili di consumo energetici dei suoi clienti, e la stessa logica potrà valere per le scelte di fruizione di programmi e show televisivi. Lo stretto legame fra Internet e le vite “fuori dallo schermo” degli utenti sfumerà in buona sostanza sempre di più il confine fra mondo digitale e mondo fisico, fra online e offline.

E c’è un altro confine destinato a sgretolarsi progressivamente: quello fra la sfera privata e professionale degli utenti. Il cloud, in questo senso, opera con una logica olistica, applicando i medesimi principi – di ubiquità, reperibilità e smaterializzazione dei contenuti – alla musica archiviata online e ai documenti di lavoro, agli album fotografici personali e ai dati critici di un'azienda. Il fenomeno è accentuato da quell’insieme di pratiche che gli esperti chiamiamo consumerizzazione, o Byod (Bring your own device), e che portano a utilizzare i device personali (smartphone e tablet in testa) per svolgere attività lavorative.



L’interrogativo da porsi, indipendentemente da chi sarà fra Google e Microsoft a dominare la corsa, è se tutta questa evoluzione – un percorso non certo a breve termine – avrà comportato, a conti fatti, un aumento o una privazione di libertà per la massa degli utenti.

Anche senza scomodare la sociologia, è chiaro che nel mondo delle tecnologie digitali vale il meccanismo per cui, una volta creata una risposta alternativa, più moderna ed efficiente, a un bisogno prima soddisfatto diversamente, quella risposta diventa una sorta di necessità. I miglioramenti creano assuefazione, e una volta che la nuvola avrà inglobato tutte le nostre vite sarà poi difficile tornare a farne a meno.


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