Nell'intelligenza artificiale l’Europa sarà un leader “etico”
Il Consiglio europeo ha approvato il piano d’azione dei 28 Paesi membri, invitandoli a definire le proprie strategie nazionali entro il 2019. L’ambizione è quella di diventare leader mondiali in questo campo, senza trascurare sicurezza, privacy e diritti civili.
Pubblicato il 19 febbraio 2019 da Valentina Bernocco

Sull’intelligenza artificiale, l’Europa vuol tenere testa a Stati Uniti e Cina, non limitandosi a essere un terzo incomodo poco competitivo bensì diventando un “leader mondiale” delle tecnologie di machine learning, robotica, automazione software e analisi dei dati avanzata. Così si legge nel documento di Conclusioni firmato ieri dal Consiglio europeo, organo senza potere normativo e incaricato invece di definire l’orientamento e le priorità delle politiche Ue.
Il Consiglio accoglie sostanzialmente il piano d’azione già presentato lo scorso dicembre dai 28 Paesi membri e invita il gruppo di lavoro a “potenziare lo sviluppo, la diffusione e l’adozione delle applicazioni di intelligenza artificiale in tutti i settori economici, con l’obiettivo di rendere l’Europa un leader mondiale” nell’ambito dell’intelligenza artificiale. In particolare, si dovrà agire “aumentando gli investimenti nel settore, rafforzando l’eccellenza nelle tecnologie e applicazioni di intelligenza artificiale e intensificando la collaborazione tra industria e mondo accademico”. Dunque serviranno soldi, ricerca & sviluppo e alleanze fra università e aziende, fra la teoria e la pratica dell’AI.
Un accesso democratico
Sono chiamate in causa non solo le grandi imprese e le Pmi, ma anche le startup: tutte le realtà imprenditoriali, a prescindere dalla dimensione e dal settore in cui operano, dovranno avere accesso alle stesse opportunità. Per chi sviluppi o voglia adottare soluzioni di intelligenza artificiale ci saranno a disposizione fondi europei, inclusi in programmi come Digital Europe, InvestEU, Horizon Europe e nel programma per il mercato unico. E ci sarà AI4EU, una “piattaforma collaborativa”, che darà accesso a tecnologie e corsi di formazione: sarà il frutto del lavoro di 79 soggetti tra Pmi, grandi imprese e istituti di ricerca appartenenti a 21 Paesi, ma anche di un investimento europeo triennale di 20 milioni di euro complessivi.
Le strategie nazionali
Anche gli Stati avranno una responsabilità di contribuire al successo europeo. Nel testo vengono invitati a mettere in campo entro quest’anno la propria strategia nazionale sull’AI, seguendo l’esempio della Finlandia, primo Paese europeo a presentarla già nel 2017. Le pubbliche amministrazioni, inoltre, dovranno impegnarsi a potenziare con l’intelligenza artificiale i servizi offerti ai cittadini e alle imprese.
Un’intelligenza più “etica”
Tra le Conclusioni del Consiglio europeo si fa cenno anche agli ambiti di applicazione dell’AI da incoraggiare, citando lo studio e la prevenzione dei disastri naturali, la medicina, la lotta al crimine, l’agricoltura e la riduzione dei consumi energetici. Il documento dedica poi ampio spazio alla questione etica, alla tutela dei diritti civili, della privacy e della sicurezza fisica delle persone. Argomenti spinosi, che hanno già portato colossi come Google e Amazon a presentare dei codici deontologici, e ricercatori a denunciare i pericoli di un’intelligenza artificiale fin troppo “indipendente” dagli umani. Una AI fallata dal bias di un algoritmo non neutrale è tema già dibattutto negli ambienti accademici (se ne è occupata recentemente anche Ibm) ma ancora irrisolto. Per il Consiglio, “è necessario mettere a disposizione, con le opportune garanzie, dati più sicuri e di maggiore qualità, posseduti dal settore pubblico e da quello privato”. Nella progettazione delle soluzioni di AI, inoltre, bisognerà adottare un approccio di privacy by design, specie tutelando i dati sensibili delle persone quali salute, orientamenti religiosi, politici, sessuali.
Attenzione al mercato del lavoro
Non c’è soluzione fatta e finita ma ci sono buoni propositi anche sul tema della tutela dell’occupazione. Il Consiglio, si legge nel documento, è “consapevole dell’impatto destabilizzante e del potenziale di trasformazione” che l’intelligenza artificiale potrà avere sull’occupazione, dunque “attende con impazienza il report sulla trasformazione digitale del mercato del lavoro europeo che sarà presentato dal gruppo di esperti di alto livello nella primavera del 2019”.
Intanto, un’idea sulla situazione italiana la forniscono nuovi dati dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano, basati su interviste rivolte ad aziende dello Stivale. Finora, il 27% delle imprese interpellate ha dovuto ricollocare parte del personale in seguito all’introduzione di soluzioni di AI, ma è anche vero che una percentuale ancor maggiore, 33%, ha reclutato nuovi collaboratori per dotarsi delle necessarie competenze. Combinando varie fonti di dati (da database pubblici, ricerche, sondaggi alle imprese), l’Osservatorio stima che nei prossimi 15 anni circa potranno essere automatizzate circa 3,6 milioni di posizioni lavorative attualmente coperte da esseri umani.
EUROPA
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