Per Oracle l’intelligenza artificiale è pervasiva
In occasione dell’A.I. & Data Summit, organizzato all’inizio di ottobre a Milano da The Innovation Group, IctBusiness ha intervistato Corrado de Bari, Innovation Business Solution Engineer di Oracle, per fare il punto sull’effettivo utilizzo delle tecnologie A.I. dentro e fuori le soluzioni della multinazionale.
Pubblicato il 23 ottobre 2019 da Emilio Mango

Di Intelligenza Artificiale si parla tanto. Nella pratica qual è lo scenario?
A.I. non è più solo una buzzword. È vero che ha una lunga storia di studi e di teoria ma oggi, che abbiamo a disposizione i big data e una notevole potenza di calcolo, l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale è un fatto acquisito sia nelle soluzioni (integrata nei servizi o erogata nelle piattaforme Saas e Paas, pensiamo al concetto di Autonomous) sia nei progetti.
Qual è l’approccio di Oracle all’A.I.?
Oracle ha avuto un approccio diversificato, cercando di coprire sia le esigenze immediate dei clienti che non hanno la necessità di conoscere a fondo gli algoritmi ma vogliono “semplicemente” usufruire dei risultati, sia esigenze di più lungo periodo. Oggi abbiamo una gamma di applicativi in cloud, che chiamiamo Adaptive Intelligent App, che permettono ai software verticali di sfruttare tecniche di A.I. per i servizi. Ad esempio, all’interno di Hcm c’è un algoritmo per individuare il “Best Candidate” nella fase di hiring e ci saranno presto servizi per monitorare il churn dei dipendenti. Molte aziende stanno comunque utilizzando servizi basati su A.I. per arricchire le proprie applicazioni.
E per quanto riguarda il core business?
Ovviamente il database è stato uno dei primi target. Abbiamo realizzato l’offerta Autonomous per rendere automatica la gestione del database e ridurre i costi delle operation. Oggi in dieci minuti l’It è in grado di impostare le parametrizzazioni che in passato richiedevano giorni di lavoro, ma il “self tunig” è un concetto che si può estendere a tutto il software.
Corrado De Bari
Che tipo di algoritmi avete messo a disposizione dei clienti?
Abbiamo realizzato, tra gli altri, algoritmi per poter sviluppare servizi custom con i propri dati. In particolare, nell’ambito di Autonomous Database mettiamo a disposizione algoritmi per i data scientist (algoritmi che erano presenti già nella versione on premise). Ci sono i classici algoritmi di Machine Learning: classificazione, regressione, anomaly detection, clustering e così via. Più in generale, quello che stiamo facendo è spostare gli algoritmi verso i dati, algoritmi che all’interno di Autonomous possono sfruttare le capacità di scaling del database.
Ma non sono tecnologie complesse alla portata solo delle grandi aziende?
Autonomous è un database “on demand”, quindi permette di partire con un investimento ridottissimo e di sperimentare gli algoritmi sui propri dati per valutare la fattibilità dei servizi di A.I. che si possono mettere a disposizione dell’azienda, quindi vanno bene per la sperimentazione anche da parte delle Pmi. Oltretutto, i nostri algoritmi sono scritti in Pl/Sql, un linguaggio molto comune, e hanno meccanismi di automatic data preparation che semplificano il lavoro dei data scientist, che possono preparare i dati senza il classico ciclo di sviluppo.
Ci sono esempi importanti e concreti, a qualsiasi livello, di applicazioni delle tecnologie A.I.?
Certo, ci sono anche progetti importanti già realizzati, come quello per il servizio sanitario inglese, che da anni ha realizzato un data lab e lo applica al controllo delle frodi sulle cure dentali. Dichiarano risparmi per centinaia di milioni di sterline (in Gran Bretagna stimano che le frodi ammontino a circa un miliardo di sterline sui 35 circa gestiti dal sistema).
BIG DATA