Xiaomi ha chiuso il primo trimestre 2018 con una perdita netta di 1,09 miliardi di dollari su 5,3 miliardi di ricavi. Si tratta di numeri comunque in ripresa rispetto al risultato complessivo del 2017, che aveva visto l’azienda cinese chiudere in negativo di 6,8 miliardi. Questi numeri non hanno comunque spaventato il fondatore e amministratore delegato Lei Jun, che ha ambiziosamente dichiarato di voler “conquistare il primato globale nelle vendite entro dieci trimestri”. Presente in settanta Paesi, posizionandosi al primo posto tra i top vendor in 16 di questi, nel Q1 Xiaomi ha registrato una crescita dell’88 per cento delle vendite a volume rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. La maggior parte dei ricavi è da imputarsi ai canali online, in forte aumento grazie alla politica di fidelizzazione del cliente della società, che include i feedback degli utenti nella progettazione dei nuovi prodotti.

L’azienda punta però ad aprire anche mille store ufficiali in tutto il mondo entro il 2019, il doppio rispetto a quelli di Apple. In Italia il primo negozio fisico è stato inaugurato a maggio ad Arese, vicino Milano, e oltre agli smartphone proporrà ai clienti anche tutti gli altri dispositivi presenti nel vasto portfolio della società di Pechino.

Xiaomi si prepara inoltre alla tanto attesa quotazione sul mercato di Hong Kong, che gli analisti stimano per cinquanta miliardi di dollari, cifra che rappresenterebbe la più grande Ipo degli ultimi quattro anni. Nel frattempo, crescono però i dubbi su queste valutazioni, considerate “troppo elevate se si prendono in considerazione le performance e la profittabilità delle vendite” come ha spiegato Simon Lee, professore della Chinese University of Hong Kong.