Piace alle aziende Emea l’idea di una rete as-a-service
Uno studio realizzato da Coleman Parkes per Hpe Aruba mette in evidenza come la trasformazione digitale nell’era post-pandemica stia creando spazio per modelli di networking più agili e flessibili. Ci sono però diversi ostacoli da superare.
Pubblicato il 07 febbraio 2022 da Roberto Bonino

Il network-as-a-service (NaaS) si fa strada tra le aziende. I processi di trasformazione digitale, accelerati dalla fase pandemica ancora in corso, hanno spinto le aziende dell’area Emea a valutare nuove forme di organizzazione delle proprie reti. Secondo uno studio condotto da Coleman Parkes per conto di Hpe Aruba, nove realtà su dieci stanno valutando un’evoluzione di qualche tipo verso il concetto di NaaS. La ricerca ha coinvolto circa 5.400 decision maker di aziende con organici fra i 500 e i 5.000 dipendenti, 210 dei quali italiani. Da noi, nel 39% dei casi si tratta di un oggetto frequente di discussione, ma qualche forma di analisi del tema ha riguardato il 95% del campione.
Il modello si applica nelle realtà dove oltre il 50% del rollout operativo e di gestione del ciclo di vita di una rete aziendale venga affidato a fornitori esterni, remunerati con un canone mensile per le loro prestazioni. Analizzando le ragioni di questo interesse, nel 76% dei casi viene citata la riduzione dei costi operativi e nel 60% lo spostamento da Capex a Opex. Ma percentuali simili vengono raggiunte anche dal tema della scalabilità dell’infrastruttura sulla base delle esigenze di business. Meno della metà del campione ritiene che il cambiamento possa portare a una riduzione degli staff It. Anzi, il 57%è convinto che si possano liberare risorse per iniziative innovative o strategiche.
Se l’interesse verso il NaaS è chiaro, restano tuttavia diversi ostacoli verso un’adozione compiuta. Per le aziende italiane, il principale vincolo appare legato alle regole di bilancio e ai cicli di investimento (47%), mentre seguono il reperimento del budget (50%) e la conformità con gli acquisti interni (46%). C’è poi una barriera culturale da superare, poiché, a fronte di una generica conoscenza pressoché universale dell’argomento, corrisponde una vera comprensione limitata al 28% dei soggetti intervistati (una media molto sotto quella Emea, attestata al 46%). Ne consegue una certa prudenza nell’identificazione di un percorso evolutivo in questa direzione, tant’è che il 52% ritiene che ci si trovi ancora agli albori del potenziale di sviluppo.
Come sempre di fronte alle novità, c’è qualcuno che ha già sperimentato il cambiamento ed è in grado di raccontarne i primi effetti. Hpe Aruba ha voluto concentrare l’attenzione sul settore sportivo, partendo dall’esperienza della società calcistica del Tottenham Hotspur, già da qualche anno impegnata nella costruzione del proprio stadio intelligente: “Abbiamo già introdotto sistemi di pagamento dei biglietti cashless”, ha spiegato il responsabile tecnologico Sanjeev Katwa, “ma il periodo covid ci ha obbligato a una gestione improntata alla flessibilità, con i frequenti cambiamenti delle regole sulle capienze e l’accoglienza”.
Lo stadio di calcio del Tottenham e, sopra, Birmingham, sede dei Giochi del Commonwealth 2022
A fare da eco a questa esperienza, è intervenuto Adrian Corcoran, Cio dell’edizione 2022 di Birmingham dei Giochi del Commonwealth: “Dovremo occuparci di circa 6.000 atleti provenienti da 70 paesi e pertanto faremo leva su un’infrastruttura di rete necessariamente complessa e flessibile per garantire un’esperienza priva di inefficienze per il nostro personale, i volontari, gli atleti e gli addetti ai lavori. Inoltre, diversi elementi implementati quest’anno potranno essere riutilizzati nelle prossime edizioni del 2026 e del 2030”.
A completare il quadro ci ha pensato Michael G. Cole, Cto dello European Tour Group di golf: “Il nostro evento dura un’intera stagione, coinvolge quasi 200 giocatori e si svolge in luoghi diversi. Il modello NaaS ci aiuta a gestire, per esempio, ciò ce attiene alla logica del Tournament-as-a-service per il pubblico, ma anche per gestire la nostra architettura mobile-first, funzionale al lavoro di giocatori, arbitri, volontari e personale coinvolto a vario titolo”.
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