Proteggere i mari con l’Internet of Things sottomarino (e italiano)
Premiata al World Economic Forum di Davos l’italiana WSense, società spin-off dell’Università La Sapienza che ha sviluppato un sistema di connettività wireless sottomarina.
Pubblicato il 24 gennaio 2023 da Redazione

Proteggere i mari e gli oceani grazie ai dati, attraverso reti ottiche wireless che portano l’Internet of Things nei fondali più profondi, trasformandolo in Internet of Underwater Things (IoUT). Questa è la specialità di WSense, azienda italiana nata come spinoff dell’Università La Sapienza di Roma e incoronata nell’ultimo World Economic Forum di Davos come l’impresa più innovativa al mondo nella raccolta e gestione dei dati ai fini della protezione dell’ambiente oceanico. WSense è l’unica azienda italiana ad aver ricevuto a Davos il riconoscimento di “Ocean Data Challenge”, nell’ambito della sessione "The Earth Data Revolution”.
Il merito spetta a una tecnologia di IoUT fatta di componenti hardware e software che permettono di realizzare e gestire una rete Internet sottomarina funzionante fino a tremila metri di profondità. Le soluzioni di WSense impiegano tecnologie proprietarie brevettate per far comunicare in tempo reale tra nodi della rete e connettere, con piena interoperabilità, sensori subacquei di qualsiasi casa produttrice e veicoli robotici autonomi.
Grazie a onde acustiche (simili a quelle utilizzate dai delfini, con le quali però non interferiscono) e tecnologie ottiche senza fili è possibile monitorare in tempo reale dati su qualità dell'acqua, suoni, correnti, movimento di strutture, ancoraggi e altro ancora. Queste informazioni possono essere preziose per gli istituti di ricerca e per chi opera nella Blue Economy, per agenzie di controllo dell’ambiente, attività di acquacoltura, porti, e ancora a infrastrutture energetiche (gasdotti, oleodotti, piattaforme di estrazione, cavi di trasmissione dell’elettricità). Dettaglio non secondario: il sistema di Internet of Underwater Things non danneggia e non disturba l’ambiente sottomarino.
“Pensiamo di poter dare un contributo veramente rivoluzionario alle politiche di contrasto al cambiamento climatico e al recupero ambientale”, ha dichiarato la Ceo, Chiara Petrioli. “Il World Economic Forum di quest’anno ha rimarcato come il cambiamento climatico rappresenti il maggior rischio a breve termine per l’umanità. Il monitoraggio degli oceani, ma anche dei mari chiusi come il Mediterraneo, è fondamentale”.
“Gli oceani”, ha proseguito Petrioli, “assorbono circa un terzo della CO2 prodotta dalle attività antropiche e abbiamo di fronte il dramma dell’inquinamento marino, sostanze chimiche, oltre che plastiche e microplastiche. I nostri sistemi promettono di fare luce su quanto avviene in profondità: i sensori che possono essere applicati ai nostri sistemi di comunicazione subacquea sono in grado di monitorare 24 ore su 24 la concentrazione di qualsiasi sostanza estranea all’ambiente”.
Chiara Petrioli, Ceo di WSense
Nata nel 2017, WSense attualmente lavora con una squadra di una quarantina di ingegneri e ricercatori, ha uffici in Italia, Norvegia e Regno Unito e vanta tra i propri clienti il Ministero della Difesa Italiano e aziende come Leonardo, Leroy, Saipem, Terna, Enea, Ingv e il National Oceanography Centre. Quella presentata al World Economico Forum è una tecnologia wireless per la comunicazione subacquea, ma i sistemi della società romana trovano applicazione anche nel campo dell’energia, nella difesa, nella ricerca, nella tutela del patrimonio archeologico e nell’acquacoltura.
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