06/12/2016 di Redazione

Samsung batte Apple davanti alla Corte Suprema

Il massimo tribunale statunitense ha dato ragione all’azienda sudcoreana: violato solo un brevetto dell’iPhone, ma tutte le altre accuse sono state ritenute inconsistenti. Crolla buona parte del risarcimento multimilionario. Una decisione presa all’unanim

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La Corte Suprema mette la parola fine sulla disputa tra Samsung e Apple. Il principale tribunale statunitense ha infatti assolto l’azienda sudcoreana da quasi tutte le accuse violazione di numerosi brevetti, funzionali e di design, degli iPhone. È rimasta in piedi in realtà soltanto un’imputazione, relativa all’aspetto dei cellulari: ma si tratta di una questione minore, che gli ermellini hanno già rinviato alla corte d’appello per quantificare il risarcimento. Ma lo spettro di un esborso milionario da parte di Samsung è ormai svanito. La decisione della Corte Suprema è stata presa all’unanimità, con tutti e gli otto giudici a favore del gruppo sudcoreano.

La sentenza potrebbe inoltre dare un’altra chance al vendor asiatico, il quale potrebbe riuscire a farsi ridare buona parte del denaro già versato nel 2015 nelle casse di Apple. Le stime parlano di 399 milioni di dollari su un totale di 548 pagati. La disputa legale tra i due giganti origina nel 2011, quando Apple citò in giudizio la concorrente per aver copiato sostanzialmente alcuni elementi fondamentali dell’iconico iPhone.

In origine, però, Cupertino era riuscita a incassare ben 930 milioni. La corte d’appello di Washington, a maggio 2015, pur confermando la sentenza aveva rivisto l’indennizzo al ribasso: l’aspetto estetico dell’iPhone, avevano scritto i giudici, non poteva essere protetto da un marchio registrato. Da qui la decisione di scontare la multa di 382 milioni di dollari, portandola a 548.

 

 

Al centro del contendere soprattutto la definizione di articolo manifatturiero, definito “così ampio” dalla giudice relatrice Sonia Sotomayor “da comprendere sia il prodotto venduto al consumatore sia il singolo componente”. In sintesi, per il magistrato non è possibile che i brevetti coprano tutte le funzionalità di un cellulare.

La corte ha quindi sposato la tesi di Samsung, secondo cui gli elementi “copiati” dal vendor per i primi cellulari rappresentano soltanto una minima parte di un prodotto complesso come può essere uno smartphone. Il caso, il primo di questo genere a raggiungere il massimo tribunale a stelle e strisce nell’ultimo secolo, ha attirato l’attenzione di molte altre aziende. Tra i principali sostenitori di Samsung figuravano Facebook, Google, Dell e Lenovo, mentre a “tifare” per Apple c’erano Nike e Calvin Klein.

 

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