SUSE è in prima fila nella corsa all’oro dei container
L’azienda sta scommettendo molto sulle tecnologie di containerizzazione e sulla propria release dell’orchestratore Kubernetes. “Ma la nostra mission non cambia: supportare l’open source nel lungo periodo”, spiega il sales director Carlo Baffé.
Pubblicato il 28 gennaio 2019 da Alessandro Andriolo

“Se realtà del calibro di Google, Microsoft, Ibm e Sap si sono buttate con enorme interesse su Kubernetes, molto probabilmente vuol dire che è qui per restare”. Non ha dubbi Carlo Baffé, sales director di SUSE per l’Italia, nel descrivere l’impatto che le tecnologie di containerizzazione delle applicazioni avranno (e stanno già avendo) sull’It. Guardando effettivamente ai nomi e agli interessi in gioco si fa fatica a dargli torto. Nato come progetto interno a Google e poi donato alla comunità open source, Kubernetes è già stato definito come il “nuovo Linux”. Ma la piattaforma di orchestrazione, e più in generale i container, riuscirà ad aver il meritato successo del sistema operativo aperto più famoso della storia? “Emergono sempre più chiaramente i vantaggi che questa soluzione può portare in azienda”, aggiunge Baffé durante un’intervista con IctBusiness.it, “e il primo riguarda la possibilità di creare applicazioni sempre più velocemente, dando ai team DevOps uno strumento potente per ragionare interamente su uno sviluppo software basato sui microservizi”.
Questo modo di progettare applicativi, nato dalle sempre più pressanti esigenze del business, è per SUSE uno punto di approdo recente dal punto di vista dell’offerta. Trattandosi di un player affermatosi soprattutto in ambito infrastrutturale, l’azienda che presto sarà controllata dal fondo svedese Eqt si è trovata ad affrontare un tema, quello dell’application delivery, per lei sostanzialmente nuovo. “Dopo un periodo di riflessione abbiamo deciso di portare sul mercato la nostra release di Kubernetes, che ha preso il nome di CaaS Platform, per dare all’enterprise uno strumento sicuro per gestire la complessità dei container”.
SUSE si pone quindi come “normatore” dell’innovazione open source, proponendo ai clienti una piattaforma ancora giovane dal punto di vista tecnologico, ma sufficientemente matura per assicurare il lancio di applicazioni complesse (costituite in certi casi da centinaia di container e microservizi) in produzione. “È un mondo caratterizzato da una velocissima evoluzione, con due o tre major release all’anno e una sessantina di prodotti certificati Kubernetes”, continua Baffé. “Conoscendo i bisogni delle imprese ci limitiamo a un aggiornamento principale ogni 12 mesi, a cui si affiancano correttivi per risolvere eventuali bug”.
Sì, perché il fronte della sicurezza rimane centrale. Considerando i settori che stanno guardando con maggiore interesse ai container (banking, e-commerce, streaming, tutti ambiti caratterizzati da accessi massivi di utenti e numeri vertiginosi di transazioni al secondo), non si può non affrontare in modo ragionato il tema della cybersecurity. Soprattutto se tra gli addetti ai lavori le preoccupazioni sono all’ordine del giorno.
Secondo un recente sondaggio di Tripwire, il 94 per cento degli intervistati ha infatti espresso una preoccupazione forte (43%) o moderata (51%) nei confronti della tecnologia. Inoltre, in sei casi su dieci si è verificato almeno un incidente nel corso di un anno. Ma come si possono spiegare questi dubbi?
Carlo Baffé, sales director di SUSE per l'Italia
“Le paure sono motivate”, ammette il manager. “I container nascono sostanzialmente per favorire la portabilità del codice e fin da subito si sono rivelati ottimi per i test, ma per la produzione? In questo caso non è sempre possibile affidarsi a risorse reperibili da hub pubblici: chi controlla quello che i container effettivamente contengono? Ma lo stesso discorso vale anche per Kubernetes, che può presentare delle falle più o meno gravi”.
Non a caso a dicembre è stata scoperta la prima grave vulnerabilità nella piattaforma che, se sfruttata correttamente, può conferire virtualmente a chiunque il ruolo di amministratore con pieni privilegi. “L’abbiamo risolta in soli due giorni”, sottolinea Baffé. “L’elemento vincente di Caas Platform, come per tutti i progetti aperti che si rivolgono all’enterprise, è il supporto. È questo il fattore che permette alle aziende di stare veramente tranquille”.
Malgrado il momento d’oro dei container, nell’industria ci sono però ancora delle barriere da superare per una piena adozione della tecnologia. Sono soprattutto ostacoli culturali, tipici delle novità, relativi a una mancata conoscenza approfondita della materia. Grazie al supporto di diversi partner, SUSE può rappresentare un facilitatore anche per tutte quelle organizzazioni che sono completamente a digiuno di DevOps e di metodologie di sviluppo agile.
Anche l’Italia sta iniziando a rispondere su questo fronte e il vendor ha imbarcato tre clienti offrendo loro soluzioni di application delivery. Uno di questi aveva in realtà già in casa prodotti targati SUSE (“un marchio storico, una delle più grandi aziende del nostro Paese”, rimarca Baffé), mentre altre due società sono nuove. “Sono entrambi retailer, con un’importante presenza e-commerce, che hanno scelto la containerizzazione per garantire servizi efficienti e scalabili. Anche alcune banche sono ormai pronte per il grande passo, ma in questo caso è tutto il comparto a essere più ‘timoroso’”.
Dal punto di vista del business, in ultima analisi, anche con l’avvento di Kubernetes poco è cambiato per SUSE, che continuerà a muoversi sul mercato come prima. “Supportando sul lungo periodo l’open source, che è ben diverso rispetto al software proprietario”, conclude il sales director, “e potendo godere di una maggiore libertà d’azione, grazie alla nuova proprietà che ha deciso di scommettere in modo coraggioso su di noi. A differenza di altri che, molto probabilmente, hanno scelto di farsi irreggimentare in strutture molto più complesse”. Qualcuno ha detto Red Hat?
SUSE
FOCUS
- Complessità, visibilità, costi: i difetti del cloud e come risolverli
- Sempre più service-oriented la proposta di Quid per il finance
- Triplice trasformazione con stampa e servizi Workplace X di Brother
- Threat intelligence, per Mandiant è alla base della prevenzione
- Future of work week: Cisco ripensa i luoghi e i modi per lavorare