
Da 25 anni presente sul mercato, a salvaguardia della sicurezza IT. È infatti da un quarto di secolo che
Watchguard è in prima linea, a lottare contro quello che nel tempo è diventato un vero e proprio, altro, mercato, vivace, temibile e altamente remunerativo: il cybercrime.
Una storia, un contesto, un percorso, raccontato da Fabrizio Croce (nella foto in apertura), che fino a oggi ha passato ben 20 anni in quest’azienda di cui ora è vice president sales South Europe, inaugurando la filiale italiana del vendor a distanza di soli 5 anni dalla sua fondazione.
“Dagli esordi dell’azienda a Seattle, costruita sull’idea della creazione di una appliance contenente servizi di sicurezza, e l’uso del proxy applicativo, la tendenza di Watchguard di essere sempre un passo avanti nel mercato e nelle minacce della cybersecurity è stata la caratteristica che l’ha distinta in tutti questi anni – ricorda Croce -. Ma il vero punto di svolta per Watchguard è stato intorno al 2013, con l’arrivo dei ransomware e del famigerato Cryptolocker, arrivato poco dopo la presentazione del nostro servizio di sandbox in cloud, che si è rivelato essere utilissimo per bloccare queste forme di attacco”.
Watchguard e i ransomware. Ossia avere il prodotto di security giusto nel momento giusto
E proprio Cryptolocker è stato il fenomeno che ha fatto aprire gli occhi alle aziende e agli utenti sui rischi cyber che possono arrivare dall’esterno, fino ad allora relegati a qualche virus, mentre con la forma del furto con ricatto di dati sensibili, la cultura della sicurezza ha iniziato a entrare anche tra le piccole realtà, fino ad allora considerate esenti dall’interesse del cybercrime.
A seguire, poi, è arrivato il GDPR a fare la sua parte, aumentando, volenti o nolenti, a fronte di sanzioni, la percezione della necessità della protezione del dato personale.
Elementi che, commenta Croce, hanno spinto le aziende a pensare in maniera preventiva ai danni possibili e non, come di prassi, correndo ai ripari. Un cambiamento che ha via via portato alcune aziende alla predisposizione di un budget per la security e a dotarsi di figure con competenze specifiche sulla crescente complessità che il fenomeno sicurezza stava progressivamente assumendo. O, ancora, a delegarne la gestione a partner esterni altamente specializzati in security e gestione dei dati.
Da Capex a Opex. Watchguard stimola la cultura dei servizi di security
“Una logica del servizio che ha portato il canale ad affrancarsi dal semplice ruolo di vendita che aveva in passato, sposando nuove modalità di offerta di sicurezza e, nel contempo, flessibilità nei pagamenti a canone, portando con loro la cultura Opex contro Capex. Da qui il nostro programma, in espansione, nei confronti dei Managed Service Provider, una formula certamente adatta ai grandi system integrator e aziende Telco, ma che noi stiamo promuovendo ai piccoli e medi rivenditori, per un canale che in Italia conta a oggi una trentina di realtà, su un totale di 150 partner certificati presenti sulla Penisola”.
Si tratta di un ecosistema che amplifica il giro d’affari di Watchguard Italia, che ormai dispone di una struttura composta da 15 persone e un fatturato che supera i 18 milioni di euro.
A livello strategico globale, nel frattempo, il vendor è passato dalla quotazione in borsa all’investimento da parte di aziende di venture capital, le quali hanno conferito flessibilità nelle operazioni strategiche, tra le quali diverse acquisizioni, tra le ultime quella che ha riguardato Panda Security, consentendo di integrare l’offerta con le tecnologie di sicurezza relative all’endpoint, tra Endpoint Detection and Response, Zero Trust ed EPDR, ossia di Endpoint Prevention, Detection and Response.
Watchguard presenta la Unified Security Platform. All’insegna della convergenza
Integrazione che ha portato recentemente alla presentazione della Unified Security Platform, che mette insieme le varie tematiche relative alla sicurezza attraverso la gestione di Watchguard Cloud, dal firewall, all’endopoint security, il Wi-Fi sicuro e la multifactor authentication, consentendone, attraverso la tecnologia 3D Sync, la reciproca interazione e scambio di informazioni tra i singoli componenti per una rilevazione accurata delle minacce.
Una vera e propria console di strumenti di sicurezza utilizzabile sia dal cliente stesso sia dal partner/rivenditore a cui è stata delegata la gestione della sicurezza, e dalla quale è possibile anche la gestione delle licenze.
AI, integrazione e intervento di specialisti. Il mix di risorse di Watchguard per una security totale
Prodotti che tendono ormai a integrare anche un motore, atto a facilitare il lavoro degli amministratori di rete, come la Intelligent AV, ossia un antivirus basato su Machine Learning e AI, che si affianca all’antivirus classico per potenziarne le capacità di screening di minacce sconosciute. Automazione che nell’offerta Watchguard è presente anche nella risposta, grazie alla dote di Panda Security che ha consentito di introdurre il concetto di Zero Trust.
“Soluzioni che, concertate, consentono di rilevare e bloccare il 99,98% delle minacce. Del rimanente 0,02% se ne occupa direttamente un gruppo di specialisti, i quali possono, o meno, abilitare il processo da remoto, dopo un periodo di quarantena e di verifica” assicura Croce il quale, alla domanda su dove si svilupperanno i nuovi fronti di attenzione del vendor risponde che “Watchguard sta guardando con particolare interesse al cloud, dove un po’ tutto è destinato a dover convergere e che quindi diventa strettamente necessario proteggere in maniera adeguata. E, a livello di prodotti, la tendenza tra qualche tempo alla smaterializzazione del firewall, anch’esso destinato, in futuro, a una fruibilità as-a-service. Un destino comune a molte delle tecnologie hardware che ormai hanno intrapreso la strada dell’X-as-a-Service, che implica una graduale trasformazione dei Capex a forme Opex su cloud”.
Un canale Watchguard in evoluzione che, inesorabilmente, viaggia verso i servizi di security
Una trasformazione che il canale dei partner sta man mano metabolizzando preparandosi per una fornitura di servizi che vada ad accompagnare e valorizzare la vendita delle soluzioni per la sicurezza. Una trasformazione possibile unicamente attraverso lo sviluppo di competenze specifiche di security.
“Non ci si può certamente più improvvisare rivenditori quando si parla di sicurezza – avverte il vice president -. La crescita attraverso le competenze è il fenomeno che ha contribuito a creare e incrementare un canale a valore, fungendo in alcuni casi da elemento di selezione, dalla quale sono potuti emergere partner che oggi sono in grado di dare consulenza e servizi puntuali alle esigenze dei clienti. Anche nel caso di Watchguard, dei nostri circa 3.000 rivenditori in Italia, sono intorno a 500 le realtà che oggi sono in grado di aggiungere valore all’offerta attraverso dei servizi che vadano al di là della vendita del prodotto e della licenza”.
Per questo motivo anche il programma di canale del vendor non si basa su obiettivi di vendita, ma considera lo sviluppo e il mantenimento delle competenze e delle certificazioni tecniche per le varie aree di offerta, dal firewall, il Wi-Fi, il multifactor authentication e l’endpoint.
Percorsi paralleli esistono poi per le certificazioni di tipo commerciale.
Obiettivi per i quali Watchguard sta investendo molto in termini di materiale per l’apprendimento che abiliti all’ottenimento della certificazione.