03/05/2018 di Redazione

Xiaomi scalda i motori per la Borsa di Hong Kong

La società cinese, che ha chiuso il 2017 con ricavi in crescita del 67,5% (ma con un rosso da sette miliardi di dollari), si quoterà sul mercato dell’ex colonia britannica. L’azienda punta a raccogliere almeno dieci miliardi: l’Ipo potrebbe essere la più

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“Diventeremo parte della vita di miliardi di persone. Unitevi a noi in questo viaggio”. È con questi toni da sognatore (e sicuramente molto ottimisti) che Lei Jun, fondatore e presidente di Xiaomi, ha annunciato l’attesa quotazione della propria azienda. La società cinese produttrice di smartphone (e altro) ha depositato i documenti per l’Ipo alla borsa di Hong Kong, diventando di fatto la prima compagnia ad avvantaggiarsi delle nuove regole previste dal Paese asiatico, in base alle quali anche le aziende con differenti classe di azioni possono quotarsi: una mossa voluta dall’ex colonia britannica per provare a sfidare la piazza borsistica più importante del mondo, Wall Street. Xiaomi non fa riferimenti a quanta liquidità punta a raccogliere con l’Ipo, ma secondo Bloomberg il limite minimo è di dieci miliardi di dollari per raggiungere così una valutazione prossima ai cento miliardi. Le attese sono molto alte, in quanto l’operazione di mercato della società cinese potrebbe essere la più grande dai tempi della quotazione di Alibaba, che nel 2014 raccolse quasi 25 miliardi di dollari.

Nella documentazione depositata al regolatorio di Hong Kong, Xiaomi ha specificato anche per la prima volta le proprie performance finanziarie. Nel 2017 i ricavi sono saliti del 67,5 per cento, a circa 18 miliardi di dollari. Significative le crescite del business in Cina (più 39,2 per cento), ma soprattutto nel resto del mondo (più 250,4 per cento). Malgrado l’aumento vertiginoso del fatturato, l’azienda ha chiuso l’esercizio con una perdita di 6,9 miliardi di dollari.

Ma Xiaomi è riuscita a penetrare con successo nello sconfinato mercato indiano, contrastando ad esempio il predominio di Samsung nella fascia media degli smartphone. Il rosso del 2017 non dovrebbe quindi spaventare più di tanto ed è la fisiologica conseguenza di un’aggressiva campagna di espansione (a fine mese aprirà il primo store italiano a Milano), che dovrebbe proseguire fino agli Stati Uniti: l’ingresso nel mercato americano sarebbe sicuramente la principale vittoria per Xiaomi.

Ma non sarà facile, considerando il complicato periodo per i player cinesi su suolo statunitense in seguito al nuovo protezionismo inaugurato da Donald Trump, che al momento sta già rendendo la vita difficile a colossi come Huawei e Zte. Sempre secondo Bloomberg, una volta quotata Xiaomi dovrebbe emettere certificati di tipo Cdr (chinese depositary receipts), voluti da Pechino per consentire alle realtà cinesi quotate su borse estere di accedere ai capitali degli investitori del Paese del Dragone.

 

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