Container e OpenStack, il matrimonio finalmente s’ha da fare. Bando quindi a tutti quelli che volevano le due cose distinte e ben separate: dall’OpenStack Summit in corso a Vancouver emergono ben altri scenari. In effetti, le tecnologie dei container e tutte le soluzioni che le gestiscono potrebbero fare a meno di OpenStack, perché sarebbero perfettamente in grado di cavarsela da sole. I container nascono proprio per permettere agli sviluppatori di eseguire applicazioni su infrastrutture differenti, senza preoccuparsi troppo dell’ambiente in cui si trovano a operare. Ma la fondazione che regola OpenStack ha deciso di accendere il calumet della pace e provare ad aprirsi ai “contenitori”. O meglio, provare a far sì che i programmatori non esitino a rivolgersi al progetto di nuvola aperta in caso di bisogno.
Come? Il chief operating officer di OpenStack Foundation, Mark Collier, dal palco di Vancouver è stato abbastanza chiaro. “La cosa importante per noi (intesa come comunità di sviluppatori, ndr) è pensare al progetto come un motore di integrazione completamente agnostico. È questa la caratteristica in grado di mettere l’utente nella miglior posizione possibile quando deve lavorare”. La community potrà semplicemente rivolgersi al gestore di container preferito, tipo Kubernetes di Google, prenderlo e buttarlo nella mischia integrandolo a tutta l’infrastruttura.
Secondo i boss della fondazione, quindi, una tecnologia non esclude l’altra e prevedere l’utilizzo dei container all’interno di OpenStack darà due vantaggi ai programmatori. Il primo sarà rappresentato dalla facilità di creare applicazioni interoperabili in ambienti differenti, grazie ai “contenitori” e alle Api che l’iniziativa di cloud aperto darà loro.

In seconda battuta, portare i container nel cuore di OpenStack, permetterà di sfruttare tutti i servizi messi a disposizione dal progetto. Vale a dire in particolar modo le funzionalità avanzate di sicurezza, di autenticazione, di networking, di scalabilità e così via. La crescita di OpenStack è sicuramente indiscutibile, in quanto certificata proprio da grandi nomi che si sono gettati a capofitto nel cloud. È di ieri l’annuncio in merito di Ibm: Big Blue permetterà ai suoi clienti di avviare istanze di OpenStack all’interno dell’infrastruttura proprietaria SoftLayer.