24/03/2015 di Redazione

Apple vale un triliardo ma rischia il rinvio a giudizio per evasione

La Procura di Milano ha chiuso le indagini con un’ipotesi di accusa, quella del mancato versamento dell’Ires per 879 milioni di euro in cinque anni, a causa di tasse pagate con il regime fiscale irlandese. La casa di Cupertino nega e, intanto, incassa la

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Anche i ricchi piangolo, o potrebbero farlo. Con ironico tempismo, subito dopo la valutazione da un triliardo di dollari fatta da un analista di Cantor Fitzgerald, Apple si prepara ad affrontare un possibile guaio in vista: la richiesta di rinvio a giudizio, in terra italiana, con l’accusa di evasione fiscale. Tutto, sia la colpevolezza dell’azienda e sia l’avvio di un procedura penale, è ancora ipotetico. La notizia rimbalzata oggi sui media è quella della chiusura delle indagini avviate molti mesi fa (almeno dall’autunno del 2013) dalla Procura di Milano in merito al possibile mancato versamento di imposte sul reddito delle società (Ires) in Italia.

L’indagine, coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Greco e dai pm Adriano Scudieri e Carlo Nocerino e condotta dalla direzione regionale lombarda dell’Agenzia delle Dogane e dell’Agenzia delle Entrate, avrebbe quantificato in 879 milioni di euro, spalmati sul quinquennio 2008-2013, la somma dovuta e non versata. Con uno schema piuttosto diffuso fra i colossi tecnologici, Google inclusa, la Mela avrebbe pagato parte delle tasse attraverso la Apple Sales International, società con sede in Irlanda e dunque secondo un regime fiscale meno oneroso di quello italiano.

Tre gli indagati, ovvero il legale rappresentante e amministratore delegato di Apple Italia, Enzo Biagini, il direttore finanziario Mauro Cardaio e l’irlandese Michael Thomas O’Sullivan, un dirigente della Apple Sales International. O meglio ex indagati, perché adesso si è passati alla fase successiva: agli interessati è stata notificata la fine delle indagini preliminari. Apple ha dunque quaranta giorni di tempo per dimostrare l’infondatezza delle accuse ed evitare la presentazione delle richieste di rinvio a giudizio. Sono anche in corso trattative fra l’avvocato Paola Severino, rappresentate legale della società, e l’Agenzia delle Entrate per trovare un accordo dal punto di vista tributario.  

A suo tempo, quando si seppe dell’avvio delle indagini a fine 2013, il commento dell’azienda fu che “Apple è uno dei più grandi contribuenti al mondo e paghiamo ogni euro di tasse dovute ovunque operiamo. Le autorità fiscali italiane hanno sottoposto a verifiche fiscali le attività italiane di Apple nel 2007, 2008 e 2009 e hanno confermato che eravamo in piena conformità con i requisiti di documentazione e di trasparenza Ocse. Queste nuove accuse contro i nostri dipendenti sono completamente prive di fondamento e siamo fiduciosi che questo procedimento arriverà alla stessa conclusione”.

 

 

A un anno e mezzo di tempo, la conclusione non è ancora stata definita. Quel che è certo è che nel frattempo la multinazionale è cresciuta in dimensioni e varietà d’offerta, entrando per la prima volta nel mercato dei dispositivi indossabili con l’Apple Watch e annunciando nuovi progetti nell’automotive. E ha valicato la Grande Muraglia riuscendo a vendere più iPhone in Cina che non negli Stati Uniti grazie ad accordi con gli operatori telefonici asiatici.

Progressi che hanno portato la società di analisi Cantor Fitzgerald ad alzare a 180 dollari, dai 160 attuali, il valore target del titolo Apple: questo farebbe della Mela una società da un triliardo di dollari. L’analista Brian White, autore della valutazione, ha stimato che l’Apple Watch possa vendere 20,6 milioni di unità nel primo anno e 25,1 milioni nel secondo. Nel solo mercato statunitense, inoltre, una ipotetica automobile elettrica marchiata Apple potrebbe generare 549 miliardi di dollari di giro d’affari.

 

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