18/03/2019 di Redazione

Brevetti violati: Apple deve 31 milioni di dollari a Qualcomm

Il processo-lampo di San Diego si è chiuso con un verdetto di colpevolezza per la società di Cupertino. Ma la cifra è relativamente piccola.

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Apple ha violato tre brevetti di Qualcomm e dovrà rimborsare la controparte con 31 milioni di dollari. Nuovo episodio nella lunga telenovela giudiziaria e mediatica che da anni vede contrapposte le due società californiane, un tempo legate da un rapporto fornitore-cliente. L’ultimo dei processi incaricati di valutare se l’iPhone sia colpevole di plagio era cominciato meno di due settimane fa in un tribunale di San Diego, e in poco tempo si è arrivati al verdetto: venerdì scorso il giudice ha stabilito che effettivamente sì, Apple ha violato tre brevetti riguardanti la gestione dell’alimentazione, le connessioni e le funzionalità della batteria, per il cui uso indebito dovrà risarcire il suo ex fornitore di modem 3G e 4G.

“Le tecnologie inventate da Qualcomm e da altri sono ciò che ha permesso a Apple di entrare nel mercato e fare successo rapidamente”, ha sottolineato il legale rappresentante dell’azienda produttrice di chip, Don Rosenberg. A Cupertino non sono dello stesso parere,  ritenendo la campagna di difesa dei brevetti di Qualcomm solo “un semplice tentativo di distrarre dal più ampio problema delle indagini a loro carico sulle pratiche commerciali, condotte dalla corte federale statunitense e nel mondo”, ha fatto sapere l’azienda di Tim Cook.

Sebbene sconfitta dal punto di vista del principio, Apple ne è uscita sostanzialmente bene: un risarcimento di 31 milioni di dollari, considerando la circolazione dei modelli di iPhone oggetto del dibattimento, equivale a un calcolo dei costi di licenza di meno di 2 dollari a telefono. Ed è lecito attendersi un possibile appello ed eventuali ribaltamenti. Tuttavia la sentenza potrebbe avere un impatto anche su future decisioni, in particolare nel processo che inizierà ad aprile nel quale Apple accusa Qualcomm di aver praticato per anni una politica commerciale “criminale”, con sovrapprezzi sulle royalty e metodi anticoncorrenziali.

 

 

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