24/09/2018 di Redazione

Dragonfly fa ancora più paura, Chrome si difende dalle accuse

Un documento confidenziale svela dettagli sui progetti di Google in Cina: l'app del motore di ricerca noto come “Dragonfly” potrà tracciare gelocalizzazione e indirizzi IP. Polemiche e rassicurazioni, invece, sulla versione 69 del browser.

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Google, la privacy e l'obiettività del motore di ricerca: è un periodo piuttosto tormentato per l'azienda di Mountain View, e a volte è difficile capire dove stia esattamente la verità. La società madre di Chrome e di Android difende la propria onestà intellettuale, ma alcune notizie e indiscrezioni trapelate in questi giorni non paiono troppo rassicuranti. Nuovi dettagli sono emersi a proposito di Dragonfly, il progetto di motore di ricerca per il mobile che consentirà a Google di tornare con un servizio di questo tipo in Cina. In quella Cina dove negli ultimi tre mesi, a detta della principale agenzia stampa nazionale (Xhinua), il governo ha oscurato oltre quattromila siti Internet e bollato come illegali (per pornografia o altre ragioni, in realtà spesso per censura) oltre 147mila pagine Web. Si era già parlato del fatto che una realease prototipale di questo servizio permettesse di censurare alcuni argomenti e pagine (non mostrandoli tra i risultati delle ricerche) e di correlare le query eseguite ai numeri di telefono degli utenti.

 

Ora un documento pubblicato dal sito The Intercept svela ulteriori elementi che non depongono a favore della libertà e della privacy: per usare l'app del motore di ricerca su dispositivi Android e iOS sarà necessario registrarsi ed effettuare un login, far conoscere la propria geolocalizzazine e condividere la cronologia delle query con una società cinese non meglio specificata. Con essa Google avrebbe stretto un accordo in forma di joint venture. L'applicazione potrà anche tracciare i movimenti delle persone, archiviando e trasferendo su un data center di Taiwan coordinate di geolocalizzazione, indirizzi IP e altre informazioni.

 

Conservati nel data center cinese, questi dati saranno potenzialmente visibili alle autorità governative. A detta di The Intercept, il documento confidenziale contenente tali dettagli sarebbe finito sotto gli occhi di alcuni dipendenti di Google, fatto che avrebbe scatenato le ire delle manager direttamente coinvolti nel progetto Dragonfly. Un progetto che, evidentemente, non avrebbe dovuto trapelare all'esterno prima del tempo.

 

 

 

Qualche preoccupazione di privacy è circolata poi quando diversi esperti di crittografia hanno denunciato un meccanismo introdotto nella versione 69 di Chrome, rilasciata a inizio settembre: quando l'utente accede a un servizio di Google (Gmail, Drive, Maps e via dicendo), il browser effettua il login di quell'utente all'interno di Sync. L'operazione viene svolta in automatico e senza notifica. Gli ingegneri di Google hanno però sottolineato che questo login automatico non ha delle ripercussioni sulla privacy: nessun dato viene inviato ai server di Google a meno che non si scelga di attivare Sync (beneficiando così della sincronizzazione dei dati di cronologia e preferiti tra un dispositivo a l'altro). Il meccanismo di login automatico, anzi, è stato introdotto su Chrome proprio per potenziare la privacy, cioè per evitare possibili scambi di dati quando più persone usano lo stesso dispositivo per navigare su Internet.

 

 

 

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