15/02/2013 di Redazione

Facebook: con i server fai da te si risparmia

Il colosso dei social network aprirà quest'anno il primo data center equipaggiato esclusivamente con server realizzati in house. Il capo della progettazione hardware spiega che in questo modo si risparmia molto sia nella fabbricazione dei server sia nei c

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Non è una novità che Facebook, come altri colossi di Internet, ha abbandonato i fornitori tradizionali e ha iniziato a progettarsi in casa le sue infrastrutture di rete, per andare poi in Cina e a Taiwan a procurarsi quello che serve, risparmiando sui costi.

Quello che pochi sanno è che due anni orsono l'azienda di Zuckerberg ha inaugurato il progetto Open Compute, che prevede la condivisione dei propri progetti hardware per la dotazione dei datacenter. In questo modo chi non ha la stessa potenza del social network può "copiare" le sue idee per costruire da sé la propria attrezzatura.

Facebook si fa i server in casa

Dalla documentazione si apprende che tutti i nuovi server installati nei datacenter di Facebook sono fatti in casa, oppure costruiti da terzi secondo le rigorose specifiche dettate dall'azienda di Menlo Park. I prodotti fabbricati in casa costituiscono ormai oltre la metà delle apparecchiature presenti nei data center dell'azienda, e il prossimo centro di gestione dati che verrà aperto in Svezia sarà interamente equipaggiato con server di propria progettazione.

Si tratta della prima volta che Facebook riesce nell'impresa, come ha sottolineato Frank Frankovsky, a capo della progettazione hardware e della supply chain di Facebook, in un'intervista con ArsTechnica. "È la prima volta che un datacenter sarà equipaggiato al 100 per cento con server interni Open Compute". Il data center che aprirà quest'estate a Luleå, in Svezia, occuperà un'area di 290mila metri quadri e ospiterà decine di migliaia di server.

Le considerazioni che hanno portato Facebook a decidere per il fai da te includono diversi fattori. Innanzi tutto secondo l'azienda è più conveniente costruire e mantenere datacenter propri piuttosto che affidarsi a fornitori di servizi cloud. Ovviamente tutto dipende dalle dimensioni dell'azienda e dalla quantità di dati che deve gestire: per un colosso di Internet è probabilmente così, per una piccola azienda le cose cambiano. Inoltre, è anche più conveniente per Facebook, per evitare fornitori di server tradizionali.

Togliendo particolari inutili si risparmia molto

Frankovsky ha poi spiegato che costruendosi in casa i propri server si possono eliminare una serie di componenti inutili risparmiando all'origine e guadagnando in seguito sull'efficienza. A titolo di esempio il manager cita la mascherina in plastica apposta sul frontale, con il nome e il logo del produttore. Farla costa, montarla anche, e oltre tutto la sua presenza impone di aggiungere alla dotazione "una ventola da 28 watt per spingere l'aria attraverso l'impedenza causata da tale mascherina in plastica". Moltiplicando questo consumo per decine di migliaia di server il valore diventa mostruoso. Nei server Open Compute la ventilazione è affidata a una ventolina da soli tre watt.

L'altro componente che Frankovsky critica sono le schede madri. "Un sacco di motherboard oggi sono dotate di componenti inutili". Dell integra strumenti di gestione del server, HP idem: potrebbero essere utili a molti clienti ma non a Facebook, che ha i suoi strumenti di gestione dei datacenter. 

Il manager ha quindi concluso che "la maggior parte delle infrastrutture di Facebook è prodotta da fornitori ODM come Quanta", che può costruire i prodotti dietro progetto di Facebook con costi molto bassi rispetto a quelli dei fornitori ufficiali. Il risparmio calcolato è pari al 24 per cento nella fabbricazione di componenti e al 38 per cento sui costi operativi.

Quanto alla dotazione dei server, Frankovsky ha spiegato che sfruttano una combinazione di memoria flash e dischi fissi tradizionali. Quelli che ospitano i database si basano solo su memorie flash, quelli web in genere hanno CPU molto veloci sia Intel sia AMD affiancate da 16 GB di memoria.

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