23/11/2017 di Redazione

Il senno di poi di Facebook sui “like” del Russiagate

Entro la fine dell'anno debutterà sul social network uno strumento che evidenzierà se l'utente abbia mai scelto di seguire o apprezzato pagine create dalla Internet Research Agency. Una mossa apprezzabile, ma non risolutiva.

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Facebook sceglie la via della trasparenza e della collaborazione per rimarcare la propria innocenza nell'affare Russiagate, o meglio nella componente “social” della propaganda avversa a Hillary Clinton e al partito Democratico portata avanti per molti mesi da agenzie di marketing ed esperti di informatica affiliati con il Cremlino. All'indomani dell'inchiesta di Buzzfeed, che ha svelato una rete di disinformazione attiva in Italia (i suoi contenuti anti immigrazione e nazionalistici hanno raggiunto, si stima, 25 milioni di persone), il tema delle fake news e della manipolazione dell'opinione pubblica è quanto mai attuale. Oltreoceano tre big di Internet, cioè Google, Twitter e la stessa Facebook, hanno affrontato l'esame di tre commissioni parlamentari e consegnato documentazione utile per risalire agli autori delle inserzioni incriminate.

La società di Mark Zuckerberg, in particolare, si è resa involontaria complice di una molteplicità di soggetti (fra cui la ormai famigerata Internet Research Agency) che complessivamente hanno prodotto nell'arco di poco più di due anni circa 80mila post di disinformazione e propaganda basata su bufale, letti da 126 milioni di cittadini statunitensi. Ora l'azienda passa all'azione (riparatoria), annunciando di essere al lavoro su un nuovo strumento che permetterà agli utenti di capire se siano venuti in contatto con qualche pagina legata alla Internet Research Agency, sia su Facebook sia su Instagram.

Si tratterà di un portale che debutterà entro la fine dell'anno all'interno della sezione Help Center, e dal quale sarà possibile verificare se fra il gennaio del 2015 e l'agosto del 2017 si sia mai fatto “like” o si sia scelto di seguire account (Pagine di Facebook o profili di Instagram) legato alla Internet Research Agency. “È importante”, spiega l'azienda, “che le persone capiscano in che modo soggetti stranieri abbiano cercato di seminare divisioni e sfiducia utilizzando Facebook, prima e dopo le elezioni statunitensi del 2016. Per questo ci siamo sempre fatti avanti, dopo ogni nuova scoperta, per condividerla pubblicamente e con le indagini governative”.

 

 

 

L'intento è certo apprezzabile, ma non cancella l'accaduto. Il nuovo portale, peraltro, consentirà di avere un certo grado di consapevolezza sui tentativi di manipolazione, perché si potrà capire da quali pagine (piaciute e/o seguite) siano giunti. Ma le logiche di condivisione e viralità tipiche dei social rendono impossibile risalire a posteriori, a distanza di mesi o anni, alle singole visualizzazioni di post o di anteprime di post. Inoltre va considerato che l'opera di disinformazione partita da soggetti residenti negli Usa ma legati al Cremlino non si riassume soltanto nelle attività della Internet Research Agency: quest'ultima, per ammissione della stessa Facebook, ha prodotto solo una piccola parte degli 80mila post di disinformazione pubblicati fra giugno 2017 e agosto 2017.

 

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