16/02/2018 di Redazione

L'intelligence Usa diffida Huawei e Zte, ma le accuse reggono?

Davanti al Senato, rappresentanti di Fbi, Cia ed Nsa hanno espresso preoccupazioni sulla tecnologia delle due aziende cinesi, possibile veicolo di cyberspionaggio. Ma l'ostracismo statunitense racchiude alcune contraddizioni.

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Il pericolo di spionaggio cinese è racchiuso in due nomi: Huawei e Zte. Lo è, quanto meno, per le sei agenzie di intelligence statunitensi – incluse Fbi, Cia ed Nsa –, reduci da un'audizione parlamentare durante la quale hanno espresso decise preoccupazioni, arrivando anche a consigliare gli operatori di telecomunicazione di stare alla larga da queste due aziende. Al cospetto della Intelligence Committee del Senato, i rappresentanti di tutte e sei le agenzie hanno detto che non cosiglierebbero ai cittadini statunitensi l'uso di un dispositivo marchiato Huawei o Zte.

Ci preoccupano molto i rischi legati al permettere a qualsiasi azienda o entità posseduta da governi che non condivono i nostri valori di ottenere posizioni di potere all'interno delle nostre reti di telecomunicazione”, ha dichiarato il direttore dell'Fbi, Chris Wray. Così facendo, a suo dire, di consente a questi soggetti di “esercitare pressione o controllo sulla nostra infrastruttura di telecomunicazioni”, nonché di “poter modificare malevolmente o sottrarre informazioni” e di “fare spionaggio passando inosservati”. Il diretto dell'Nsa, Michael Rogers, non è stato più lieve, avendo parlato di un “problema che non potrà che peggiorare nel tempo” e della necessità di “studiare a lungo e a fondo aziende come queste”.

Verrebbe però da chiedersi chi siano esattamente le “aziende come queste”, se un altro grande nome cinese della tecnologia come Lenovo non rientra nella lista nera delle agenzie di intelligence. Lo fa notare anche l'editorialista di Bloomberg, evidenziando la fragilità delle illazioni contro Huawei e Zte. L'allarme emerso dall'audizione in Senato dovrebbe essere accolto con scettiscimo, considerando sia la contraddittoria esclusione di Lenovo, sia la mancanza di prove su backdoor o altri sistemi di spionaggio rilevati all'interno delle tecnologie in esame e sia, ancora, il fatto che un eventuale rischio dipende non tanto dalla nazionalità del dispositivo fatto e finito, quando da quella dei componenti. In altre parole, la manifattura made in China è fondamenta di prodotti marchiati da aziende di altri Paesi, come accade per gli iPhone di Apple e per i Galaxy di Samsung. Più logico sarebbe, allora, diffidare di tutto e di tutti.

 

Lo smartphone pieghevole di Zte, l'Axon M

 

 

Da Huawei, oggi terzo produttore di smartphone al mondo, sono giunte dichiarazioni in cui si sottolinea la presenza globale del marchio (in 170 Paesi) e il fatto che di “non rappresentare un rischio di cybersicurezza maggiore di quello di qualsiasi altro vendor Ict, considerato che condividiamo capacità di produzione e catene di fornitura globali".

Buttando acqua sul fuoco, Zte ha invece dichiarato che “Prendiamo sul serio i temi della cybersecurity e della privacy, abbiamo sempre rispettato le leggi e rimaniamo un partner fidato di fornitori e clienti americani. In quanto compagnia quotata, siamo impegnati nel rispettare tutte le leggi e regolamenti degli Stati Uniti, a collaborare con i carrier per superare severi protocolli di test e ad aderire ai più elevati standard di business”.

 

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