19/06/2019 di Redazione

La politica non digerisce Libra, la criptovaluta di Facebook

Il Comitato per le operazioni bancarie e valutarie statunitense si è espresso contro il progetto della cryptocurrency, citando i passati errori dell’azienda di Menlo Park e l’assenza di leggi sulla materia.

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Neanche il tempo di annunciare ufficialmente Libra, la criptovaluta per acquisti e scambi di denaro “social” (tramite Whatsapp, Messenger e altri servizi), ed ecco il primo ostacolo per Facebook. L’azienda di Menlo Park, da tempo sotto osservazione stretta alla luce del pasticcio di Cambridge Analytica, non troverà la strada spianata: il Comitato per le operazioni bancarie e valutarie statunitense, House Financial Services Committee, ha criticato la mancanza di una cornice legislativa di riferimento, che possa tutelare i cittadini, le aziende e i mercati da eventuali abusi o danni derivati da Libra.

Quest’ultima sarà non solo una valuta virtuale assimilabile al Bitcoin, bensì una vera e propria piattaforma di scambio di denaro, con tanto di portafoglio digitale, ecosistema di servizi partner e applicazioni supportate. In vista del lancio commerciale, previsto per il 2020, Facebook ha già attivato accordi con 27 partner, fra cui spiccano Visa, Mastercard, PayPal, Stripe, PayU, Uber, Lyft, Booking, Spotify, e ha inoltre previsto la creazione di una società sussidiaria ad hoc, Calibra. Ha però fatto i conti senza l’oste, cioè senza le istituzioni.

 

In una nota ufficiale la parlamentare Maxine Waters, in qualità di presidente della House Financial Services Committee, ha scritto che “Facebook possiede i dati di miliardi di persone e ha più volte mostrato di non rispettare la protezione e l’attento uso di questi dati. Ha anche esposto gli americani ad account malevoli e falsi creati da antagonisti, fra cui l’intelligence russa e trafficanti internazionali. Facebook ha anche ricevuto pesanti multe ed è ancora sottoposta a un’ordinanza della Federal Trade Commission per aver ingannato i consumatori e per non aver mantenuto privati i loro dati. Inoltre è stata citata in giudizio dal governo per aver violato le leggi di non discriminazione sulla sua piattaforma pubblicitaria”.

 

 

Waters, insomma, non si è proprio lasciata sfuggire nessuna macchia sul curriculum di Facebook, mettendo in un unico calderone errori di portata e gravità molto diversi tra loro (va da sé che i mancati controlli sull’accesso ai dati da parte delle app terze sono una colpa maggiore di qualche meccanismo non funzionante nell’advertising). In ogni caso, il comitato parlamentare non è tranquillo di fronte all’idea di una criptovaluta, con cui Facebook “continuerà a espandere la propria presenza nelle vite dei suoi utenti”. Il punto cruciale è che “il mercato delle criptovalute attualmente non ha una cornice legislativa che possa garantire una solida protezione agli investitori, ai consumatori e all’economia. I legislatori dovrebbero intendere tutto questo come un campanello d’allarme e pensare seriamente ai problemi di privacy e sicurezza nazionale, ai rischi di cybersicurezza e ai rischi commerciali creati dalle criptovalute”.

 

E quindi? “Considerato il passato problematico dell’azienda”, conclude Waters, “chiedo che Facebook acconsenta a una proroga di qualsiasi ulteriore mossa nella sviluppo di una criptovaluta, finché il Congresso e i legislatori non avranno avuto modo di esaminare questi problemi e agire di conseguenza. I dirigenti di Facebook, inoltre, dovrebbero presentarsi alla Commissione per testimoniare su tali questioni”.

 

Come se non bastasse, il ministro dell'economia e delle finanze francese, Bruno Le Maire, in un’intervista all’emittente radiofonica Europe 1 si è espresso senza mezzi termini: che Libra possa diventare una valuta sovranazionale è “fuori discussione”, né potrà mai sostituirsi alle valute tradizionali. “Non può e non deve succedere”, ha detto Le Maire. Per il momento le pretese di Mark Zuckerberg di presentarsi agli occhi del mondo come “paladino della privacy” sembrano ancor più irrealistiche di quanto non fossero parse settimane fa. Ma i forti interessi economici in gioco (basti pensare ai grandi nomi di alcuni dei 27 partner commerciali del progetto LIbra) potrebbero far deviare la corrente del mercato e della politica.

 

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