23/03/2012 di Redazione

Nokia licenzia. Alcatel lascia l'Italia? Europa in crisi

La casa finlandese ha annunciato il taglio di altri mille dipendenti, dopo i 4mila del mese scorso. È la conseguenza dello spostamento della produzione in Cina, unica strada per tornare ad essere competitiva negli smartphone. Per la compagnia francese, in

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Nokia licenzia altri mille dipendenti in Finlandia, nella fabbrica di Salo. Il motivo, come spiega ZDNet, è spiegato con il processo di ottimizzazione dei costi intrapreso dalla casa finlandese per restare competitiva in un mercato difficile come quello della telefonia mobile. Processo che Nokia ha avviato seguendo l'esempio di molte altre aziende, ossia spostando la produzione in Asia. A questo punto i piccoli stabilimenti europei non rientrano più nell'equazione della globalizzazione.

Nokia licenzia altri mille dipendenti in Finlandia

Il provvedimento arriva dopo che lo scorso mese erano stati lasciati a casa 4mila dipendenti. Del resto, immediatamente dopo l'insediamento del Ceo Stephen Elop, era chiaro che la situazione così com'era era insostenibile, perché i guadagni erano tali da non lasciar presagire un futuro radioso per l'azienda.

Ai tempi Elop aveva detto: "siamo in piedi su una piattaforma in fiamme", sintetizzando una situazione drammatica. I tagli sono iniziati quasi subito, ma è stato il trasferimento della produzione in Asia la chiave di volta della ripresa di Nokia, che ha il difficile compito di far recuperare il tempo perso ai terminali Windows Phone, anche vendendoli a prezzi concorrenziali.

Le fabbriche del Vecchio Continente resteranno, ma non produrranno più hardware, bensì componenti software specifici per dare valore aggiunto ai propri prodotti. La decisione dei tagli è quindi semplicemente il frutto dell'adeguamento ai tempi moderni, in cui la manodopera dei Paesi occidentali ha costi proibitivi se rapportati all'esigenza vitale di mantenere prezzi di listino a livello di quelli dei prodotti realizzati in Cina, Taiwan, Thailandia e via discorrendo. 


Di fatti che testimoniano questa realtà purtroppo ce ne sono diversi, e l'ultimo in ordine di tempo riguarda proprio l'Italia. Da quanto si è appreso dal sito Linkiesta.it, infatti, Alcatel Lucent avrebbe deciso di chiudere definitivamente i battenti alla struttura di Vimercate, il più grande polo tecnologico del Belpaese. Duemila lavoratori e 800 ricercatori potrebbero quindi restare a casa perché le attività di produzione e ricerca verrebbero traslocate in toto in altri Paesi.

Sebbene ben 15 dei 34 brevetti depositati dalla divisione Optics, la filiale italiana di Alcatel-Lucent potrebbe quindi essere vicina al passo d’addio, vanificando tutta la credibilità costruita negli anni dal gruppo franco-americano mantenendo in evidenza, nel campo della progettazione e della produzione di apparati tecnologicamente all’avanguardia per le reti di telecomunicazioni, il “made in Italy”.

Alcatel Lucent abbandona l'Italia, chiuso il centro di Vimercate


Il recente annuncio del sacrificio di 490 addetti nell’area R&D in varie sedi italiane (Vimercate, Bari e Genova) non era certo un segnale benaugurante; ora la ventilata dismissione totale, figlia della volontà dell’azienda (lo scrive La Repubblica) “di trasferire negli USA la più importante missione affidata alla sede italiana”.

A nulla quindi sarebbe valso l’incontro avvenuto a inizio di marzo fra l’amministratore delegato di Alcatel-Lucent,  Ben Verwaayen, e il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, al quale sarebbero state illustrate nel dettaglio le strategie del gruppo in Europa e in Italia. Chiusura delle attività di Vimercate inclusa?

I portavoce di Alcatel Lucent fanno però sapere che non ci sono al momento indizi tali da far supporre il drastico epilogo della vertenza e smentiscono la possibilità di chiusura totale della struttura di Vimercate. Valgono quindi le dichiarazioni rese note nei giorni scorsi dall'Amministratore delegato Gianluca Baini alla stampa: "non vi è alcun programma o intenzione di lasciare l'Italia e Vimercate, che continuerà ad avere un suo ruolo significativo".

Certo parte del personale verrà tagliato (i circa 500 esuberi di cui sopra) ma non è certo campata per aria l'ipotesi di una riorganizzazione della produzione e della ricerca per salvaguardare il posto a una buona parte degli attuali dipendenti. 


Ha collaborato Gianni Rusconi


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