19/05/2015 di Redazione

OpenStack allontana le cattive compagnie e impone il suo brand

La fondazione che regola il progetto di cloud aperto ha annunciato un programma di certificazione per analizzare la compatibilità dei prodotti di terze parti. L’obiettivo è garantire la massima interoperabilità tra le diverse iniziative sviluppate in modo

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OpenStack continua a crescere e ha bisogno ora di frequentare soltanto compagni “fidati”. L’ultima novità che arriva dal progetto di cloud aperto è proprio un nuovo programma di certificazione, presentato all’OpenStack Summit di Vancouver, con cui è stata introdotta una batteria di test per analizzare le specifiche dei prodotti che si reclamano compatibili con la piattaforma open source. In pratica, ogni progetto sviluppato in modo indipendente che vorrà trovare spazio sulll’OpenStack Marketplace dovrà essere esaminato in modo rigoroso. Una volta approvato, potrà allora essere accolto nella comunità. Un processo praticamente impensabile e inutile fino a qualche anno fa, quando all’interno di questa iniziativa aperta si muovevano ben pochi attori. Oggi, con oltre duecento player, è necessario mettere un po’ di ordine nell’ambiente.

Il marchio OpenStack Powered sarà disponibile per le piattaforme di cloud pubblico e privato, oltre che per le distribuzioni e i dispositivi che passeranno i test. Al momento, già 14 progetti hanno ricevuto il via libera dalla fondazione che regola OpenStack, comprese le iniziative di nomi importanti come Ibm, Hp, VMware e Red Hat. Proprio Hp, ultimamente, si è spesa molto per Kilo, l’ultima versione disponibile di OpenStack.

Ed è proprio Kilo a implementare per la prima volta, in modo definitivo, una nuova funzionalità per gestire le identità in modo distribuito. Grazie a questo strumento, sarà possibile effettuare il login dalla propria nuvola residente su OpenStack e lanciare istanze di calcolo anche su altre cloud. In sostanza, l’ambiente proprietario si trasformerà anche in un provider di identità per essere “accettati” da altri. In questo modo, sarà probabilmente più facile avvicinare piattaforme pubbliche e private in un unico contenitore ibrido.

Al momento, però, l’unico elemento mancante è una gestione facilitata delle politiche. Una mancanza che verrà presto sanata, in modo da garantire agli utenti una corretta implementazione di risorse e di macchine virtuali, con i vari permessi posizionati al posto e al momento giusto.

 

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