26/03/2020 di Redazione

Ottimismo di Micron sui chip, serviranno più Pc per lavorare da casa

Il produttore di semiconduttori stima un incremento della domanda di componenti per personal computer e server, come conseguenza dell’attivazione dello smart working in risposta all’emergenza coronavirus.

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Per fronteggiare, anche nel medio-lungo periodo, i cambiamenti imposti dal coronavirus alle serviranno più computer, server, risorse cloud e connessioni. Più potenza di calcolo, più processori. Micron Technology è tra coloro che potranno beneficiare dei primi effetti della tragica pandemia sull’andamento dei mercati Ict: a detta del produttore di semiconduttori statunitense, sta crescendo, in particolare la domanda di Pc e sull’onda del massiccio spostamento delle aziende sullo smart working. Altri effetti si vedranno prossimamente per i prodotti destinati ai data center.

 

I risultati del secondo trimestre (terminato al 27 febbraio) dell’anno fiscale in corso non sono spettacolari, giacché si evidenzia sia un calo di fatturato sia un calo di utili rispetto all’analogo periodo del 2019. Tuttavia i numeri hanno superato le attese degli analisti, e dunque provocato un rialzo del titolo Micron in Borsa in seguito alla pubblicazione del report. I ricavi trimestrali hanno raggiunto quota 4,8 miliardi di dollari (più dei 4,7 miliardi pronosticati dal consensus di Wall Street), gli utili per azione sono stati di 45 centesimi (a fronte di 37 centesimi previsti).

 

 

(Fonte: Micron Technology)

 

Le soddisfazioni, a detta dell’azienda, arriveranno però soprattutto nel trimestre di marzo-maggio, come parziale conseguenza di uno scenario mondiale più maturo rispetto all’emergenza del coronavirus. Vi influiranno la necessità di rivolgersi allo smart working, l’attivazione di corsi in e-learning da parte di scuole, università e aziende, e più in generale un aumento del traffico Web riferito sia alle attività di business sia a quelle consumer (la fruizione di video, in particolare, è in forte ascesa). Per il terzo trimestre, Micron pronostica ricavi (calcolati su base Gaap) compresi tra 4,6 e 5,2 miliardi di dollari, un margine lordo del 30% e utili per azione corrispondenti a 41 centesimi di dollaro. Parte delle attuali attività rivolte alla produzione di chip per smartphone saranno sostituite dalla fabbricazione di prodotti destinati ai data center.

 

Dobbiamo però notare come l’ottimismo di Micron contrasti con le pur vaghe previsioni di Idc sull’andamento del mercato mondiale dei semiconduttori, a livello mondiale, in questo 2020 segnato dal covid-19. La società di ricerca, pur tra molte cautele, stima come relativamente probabile un calo del 6% a valore, percentuale che potrà essere più bassa o più alta a seconda della durata del periodo di massima emergenza.

 

Va anche detto che negli Stati Uniti, alla luce della rapida escalation dei contagi, il governo ha imposto la chiusura di molte attività considerate non essenziali, fabbriche comprese. Come segnalato da Reuters, la Semiconductor Industry Association, associazione che rappresenta i maggiori produttori di chip statunitensi (tra cui Intel, Qualcomm, Nvidia, Ibm e la stessa Micron), ha chiesto al Department of Homeland Security di rivalutare il divieto. Si chiede, cioè, di considerare l’industria dei semiconduttori come essenziale in un momento in cui decine di milioni di cittadini sono costretti a lavorare da casa, affidandosi solo alle tecnologie.

 

 

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