29/10/2019 di Redazione

Quantum computing tra “supermazia” di Google e scommesse di Samsung

Un sistema di calcolo quantistico di Google ha risolto in poco più di tre minuti un problema che il miglior sistema di high performance computing impiegherebbe diecimila anni a risolvere.Il fondo di venture capital di Samsung investe decine di miliardi di

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Oltre a essere la regina delle ricerche Web e un leader del cloud computing (sul terzo gradino del podio, dopo Aws e Microsoft  Azure), Google adesso ha anche raggiunto la “supremazia quantistica”. Con questa espressione, quantum supremacy, viene descritto sulla rivista Nature il risultato ottenuto dai sistemi di calcolo quantistico dell’azienda di Mountain View. Grazie a Sycamore, un processore quantistico progettato dalla stessa Google, un computer è stato un grado di completare il 200 secondi un task estremamente complesso, che il supercomputer più veloce al mondo avrebbe impiegato non meno di diecimila anni a risolvere.

 

Il paragone tra i tempi di calcolo, documentato da 77 valutatori della rivista Nature, è di certo impressionante. E anche se l’impresa è stata realizzata su un problema di computing teorico, nondimeno segna un progresso notevole nel campo del calcolo quantistico, in cui da decenni si cimenta con distinti risultati anche Ibm, Microsoft e Intel. Google ci lavora da circa 13 anni e a detta di Hartmut Neven, ricercatore tra i pionieri dell’iniziativa di Big G, il quantum computing avrà realmente un futuro, “diventerà una risorsa irrinunciabile a un certo punto”.

 

Il qubit, cioè il quantum bit, è l'unità minima di informazione riconosciuta dai sistemi di computing quantistico. A differenza del bit, il suo stato (0 o 1) non è determinabile in maniera certa ma può corrispondere contemporaneamente a entrambi i valori, come avviene nella fisica quantistica in base al principio di indeterminazione di Heisenberg. Questo ramo dell’informatica funziona anche secondo altri principi della meccanica quantistica, come la sovrapposizione e l’entanglement. La differenza con i sistemi di High Performance Computing è dunque sostanziale: nel quantum computing cambiano i principi di funzionamento alla base del calcolo, mentre i sistemi di Hpc sono semplicemente caratterizzati da processori estremamente potenti e rapidi e da elevatissime capacità di storage e trasferimento dati.

 

 

Gli stati possibili del bit, a sinistra, a quelli del qubit a destra. (Credits: IonQ)

 

Le applicazioni del quantum computing
La convinzione di Google e degli altri promotori del calcolo quantistico è che con questi sistemi si possano risolvere, in futuro, questioni di enorme complessità attualmente non gestibili con nessuna piattaforma informatica mai realizzata. Analisi genetiche, studi sulle proprietà chimiche delle molecole, creazione di nuovi farmaci, scoperte astronomiche e addirittura previsioni sul futuro, per esempio sull’evoluzione del cambiamento climatico. Applicazioni apparentemente più prosaiche, eppure cariche di risvolti per la sicurezza delle persone e della società, saranno le tecnologie di crittografia evolute, i sistemi di machine learning capaci di smascherare le mistificazioni (per esempio quelle del deepfake), la progettazione di batterie per i dispositivi elettronici, lo sviluppo di turbine eoliche e altre fonti di energia verde.

 

Sycamore, il chip sviluppato da Google

 

Samsung investe miliardi in IonQ

Il calcolo quantistico non poteva lasciare indifferente un grande produttore di semiconduttori come Samsung, sebbene la società sia focalizzata più sulle memorie che non sulle Cpu. Il fondo di venture capital sostenuto dall’azienda sudcoreana (Samsung Catalyst Fund) ha partecipato in larga parte a un investimento da 55 milioni di dollari in una startup statunitense specializzata, appunto, in quantum computing. Per IonQ, questo il nome, si tratta del round di finanziamento più corposo concluso ad oggi, round a cui oltre a Samsung ha partecipato anche Mubadala Capital, il fondo d’investimento del governo degli Emirati Arabi Uniti. In precedenza l’azienda aveva già raccolto altri 22 milioni di dollari da investitori come Amazon, Nea e Gv.

 

Ubicata nel Maryland, IonQ è stata fondata da  Chris Monroe, uno dei padri teorici del computing quantistico, e da Jungsang Kim, ex studente di Stanford che fra l’altro ha condiviso ore di studio universitario con Francis Ho, il vicepresidente e co-direttore di Samsung Catalyst Fund. Questa è forse una delle ragioni di vicinanza fra il gruppo sudcoreano e la startup, o forse (ma è un’ipotesi) il processore customizzato che fa lavorare i quattro sistemi di calcolo di IonQ è stato fabbricato proprio da Samsung.  

 

L’azienda del Maryland si distingue dalla concorrenza perché i suoi quattro computer quantistici già operativi sono realizzati con componenti standard disponibili nella supply chain dell’informatica. Questi sistemi sono diversi dagli altri anche perché impiegano non il qubit classico, bensì una versione basata su atomi ionizzati di itterbio. E non è tutto: grazie a una particolare tecnologia chiamata Doppler Cooling, i qubit vengono mantenuti a una temperatura bassa, evitando di dover collocare la macchina in ambienti refrigerati intorno allo zero assoluto.

 

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