26/06/2015 di Redazione

Un Qi da 15 Watt: la ricarica a induzione fa progressi

Il Wireless Power Consortium (Wpc) ha aggiornate le specifiche della tecnologia senza fili capace di rifornire di energia i dispositivi. L’obiettivo è garantire sempre più potenza, allungando anche la distanza entro cui far funzionare il sistema. Il probl

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Tra non molto, la ricarica senza fili potrà eguagliare la velocità garantita dai cavi. Almeno, è questo l’obiettivo del Wireless Power Consortium (Wpc), organizzazione che si occupa di sviluppare standard legati a questa tecnologia. Le specifiche di ricarica wireless del consorzio, ribattezzate Qi, sono state aggiornate e ora consentono di trasmettere entro quattro centimetri 15 Watt di potenza agli smartphone di ultima generazione dotati di chip appositi. Oggi è già possibile alimentare numerosi dispositivi senza utilizzare cavi. Ad esempio, il Samsung Galaxy S6 prevede la ricarica a induzione, così come gli ultimi modelli realizzati da Lg, Blackberry, Huawei e i Lumia di Microsoft. Sfruttare le onde per alimentare i cellulari non è quindi una novità. Ma rappresenta molto probabilmente il futuro, perché permetterà di ridurre l’ingombro e il ricorso ai cavi anche per altri utilizzi.

Lo scopo del consorzio Wpc, come dichiarato in un comunicato stampa, è sviluppare una tecnologia che permetta una velocità di ricarica equiparabile a quella dei più veloci sistemi via cavo. Molti vendor dichiarano che, grazie all’avanzamento tecnologico, è oggi possibile fornire circa il 60% dell’energia totale a un dispositivo – utilizzando i classici caricabatterie – in meno di trenta minuti. È il concetto di “fast charging”. Ma, velocità a parte, il grande problema che rimane sullo sfondo è la scarsa uniformità dei sistemi e delle tecnologie adottate.

Il Qi è l’interfaccia standard più diffusa, perché attualmente trova spazio in oltre ottanta device mobili e 15 modelli di automobili, ma è soltanto una tra le diverse opzioni oggi disponibili sul mercato per la ricarica tramite induzione elettromagnetica. I costruttori possono infatti scegliere tra le specifiche sviluppate dalla Power Matters Alliance (Pma), dall’Alliance for Wireless Power (A4wp) e dalla Open Dots Alliance. Ma sembra che qualcosa stia cambiando.

A inizio 2015 il Pma e l’A4wp hanno infatti sottoscritto una lettera d’intenti che li impegna a diventare un’entità unica. Un processo lento, ma obbligatorio, per non scomparire all’ombra del Wireless Power Consortium e provare così ad ampliare la schiera di aziende che oggi si affida alle tecnologie sviluppate da Pma e A4wp. Lo standard Qi, come detto, è quello più diffuso e trova spazio anche in soluzioni di design di marchi che, almeno teoricamente, hanno poco a che vedere con le telecomunicazioni.

 

 

È il caso di Ikea, che ha deciso di appoggiarsi al Qi semplicemente perché è il sistema più utilizzato nei dispositivi già presenti sul mercato. Il colosso svedese dell’arredamento ha introdotto di recente una serie di mobili e di complementi d’arredo dotati di caricabatterie a induzione, ma non è l’unico. Starbucks in alcune caffetterie prevede, oltre a modalità di pagamento tramite Nfc, stazioni di ricarica wireless. Anche se l’azienda, a differenza di Ikea, ha deciso di affidarsi alle specifiche Pma. Ed è sulla stessa strada anche McDonald’s. Insomma, il futuro è sempre più senza fili, ma chi detta le regole deve cercare di trovare punti in comune per favorire lo sviluppo della tecnologia, oltre che il suo accesso.

 

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