I carichi di lavoro irregolari, imprevedibili, soggetti a improvvise “esplosioni” di richieste e di traffico dati (tant'è che in lingua inglese li chiamano bursty) sono il pane per i denti delle nuove macchine virtuali di Azure, B-Series. Questa nuova offerta debutta ora in preview sulla piattaforma cloud di Microsoft, per soddisfare necessità d'uso simili a quelle delle istanze T2 di Amazon Web Services o delle istanze f1-micro e g1-small di Google: in particolare, Web server, piccoli database e ambienti di sviluppo o test. Il principio sottostante è il medesimo, ovvero quello di fornire un ambiente di calcolo, storage e networking per applicazioni che necessitino di requisiti di Cpu elevati ma solo in talune circostanze o per un tempo limitato.
Sottoscrivendo un'offerta B-Series si ha il vantaggio di poter disporre di grande flessibilità, ma pagando per l'utilizzo effettivo di risorse: quando le applicazioni impiegano poca Cpu virtuale e restano, per così dire, a “riposo” l'utente accumula credito, da spendere poi nei momenti di picco, quando la Cpu virtuale lavora al 100% delle sue possibilità.
Il costo è calcolato su base oraria e varia da 0,012 centesimi di dollaro a 0,367 centesimi all'ora in base al sistema operativo (Linux o Windows) e alla configurazione della macchina virtuale. Per tutto il periodo di preview gli sviluppatori avranno diritto a uno sconto del 50%. L'offerta in anteprima, accessibile previa richiesta, contempla al momento sei tipologie, indicate come B1s, B1ms, B2s, B2ms, B4ms e B8ms (la cifra indica il numero di Cpu virtuali incluse) e basate su processori Intel Haswell E5-2673 v3 (2,4 GHz di frequenza) o superiori.
Secondo le statistiche di Microsoft, l'80% delle aziende Fortune 500 utilizza attualmente Azure (dove una macchina virtuale su tre è basata su sistema operativo Linux) o altri servizi cloud della società di Redmond. Il fatturato derivante dai servizi di nuvola per le aziende ha toccato i 12 miliardi di dollari all'anno e, secondo le stime di Microsoft, è destinato a salire fino a 20 miliardi di dollari nel 2018.